Venerdì 26 Maggio 2023 Vermentino Toscana IGT I veroni

Vermentino Toscana IGT “Achillea” Società Agricola I Veroni 2022 – 12,5% vol. – € 11,00 in enoteca.

Oggi stappiamo con piacere una bottiglia di Vermentino della storica Cantina I veroni, dalla quale raccogliamo da tempo grande soddisfazione con i loro Chianti Rufina e Chianti Rufina Riserva. Abbiamo presentato la cantina già tempo fa, trovate ulteriori dettagli sul contesto a questo link.

Andando dritti al sodo, possiamo dire che il Vermentino è coltivato storicamente nelle regioni Italiane che si affacciano sul Tirreno e che hanno avuto nel tempo scambi commerciali favoriti appunto dal mare, che hanno portato con sè anche questa uva dall’origine dibattuta, probabilmente Spagnola: Liguria, Toscana e Sardegna. Quindi i Vermentino notoriamente sono influenzati da note mediterranee e spesso marine, sapide e talvolta addirittura salmastre, poichè spesso coltivati nelle colline retrostanti, se non addirittura a ridosso al mare dal quale ricavano un’influenza organolettica indiscutibile. E’ un vitigno che ben prospera nelle zone costiere e si adatta al clima mediterraneo, vediamo quindi come hanno interpretato invece questo vino nell’entroterra Toscano, dove ha sede la Cantina I Veroni.

Nel bicchiere il colore del vino è un bel giallo chiaro, brillante e vivo. Certamente invitante, a cui segue un profumo netto e limpido di fiori di ginestra, leggere erbe aromatiche e agrumi a buccia gialla, lime, comunque riconoscibilissimo e tipico del vitigno. Anche dopo un pò il profumo non perde intensità, anzi, si apre ancora donando lievi note di melone bianco, zenzero e pesca bianca. Gustandolo troviamo perfetta corrispondenza, un vino verticale e senza sbalzi, che rivela però una sensazione di corpo e glicerica maggiore rispetto alla gradazione alcolica contenuta, una persistenza lunga e caratterizzata da un finale pepato (pepe bianco), ben sapido e con un retrogusto leggermente amaricante, paragonabile tra lo zenzero e la mandorla.

Sicuramente un vino ben fatto e centrato, dove la cantina ha saputo coniugare le potenzialità del suo territorio, più fresco e “montano” rispetto alla zona costiera, ad un vitigno associato per sua natura al mare. Con cosa lo abbiniamo? Inutile dire con piatti di mare, ovviamente… proviamolo allora con formaggi di capra nostrani freschi, spalmati sul pane ed un filo d’olio di ottima qualità, magari quello più delicato e verde delle nostre zone, oppure con gli agoni di lago in carpione!

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Nuovo Corner Vini del Territorio


Quest’anno, in concomitanza con i 10 anni di attività, mi ero riproposto di riqualificare e riordinare significativamente la selezione di vini in bottiglia, affinchè riflettesse maggiormente lo spirito e la direzione intrapresa nel tempo di offrire vini con un particolare background, ed uno degli obiettivi era quello di creare un corner ben distinto per i vini del territorio.

Finalmente, una volta fatto spazio sugli scaffali dopo le vendite delle festività, sono riuscito a individuare una sezione dove esporre ben ordinate almeno 15 etichette e ricavare spazio per due “bollicine” locali nella già affollata sezione spumanti, in modo da poter offrire una discreta panoramica sulla produzione vinicola della zona, intesa come la più prossima: Val Pontida, Monte Canto e Montevecchia che vanno ad affiancarsi ai vini già presenti in negozio provenienti dal cuore della Valcalepio.

Durante gli anni in cui mi sono trasferito in quel di Cisano Bergamasco ho avuto modo di scoprire e conoscere diverse realtà lavorative (e ovviamente assaggiare in più occasioni i loro vini) alle quali va riconosciuto l’indubbio merito di essere riuscite nel tempo a fare gruppo e coltivare un pubblico proprio e ben definito con numerose manifestazioni di promozione sul territorio: eventi su misura sempre ben curati e ben organizzati che hanno preparato un terreno fertile e ricettivo anche per la parte commerciale. Questo nonostante le dimensioni minuscole dei singoli produttori!

Creato lo spazio, la parte ancora su cui lavorare era quindi l’assortimento. Qui la cosa si è fatta interessante, perchè sebbene si possa pensare che le varietà di uve in uso nella Bergamasca siano principalmente se non esclusivamente quelle internazionali in lascito dal programma di ripresa agronomica degli anni settanta (merlot, cabernet sauvignon, pinot e chardonnay in primis), i diversi produttori che ho conosciuto riescono a stupire sia per le diverse e caratterizzanti metodologie di conduzione in cantina e interpretazione dei vitigni sopracitati, sia per l’uso di altre varietà anche impegnative o inusali (vedi il Pinot Nero o i nuovi vitigni PIWI, cioè varietà resistenti alle malattie funginee che permettono di ridurre significativamente l’uso di trattamenti) e sia con l’appassionato lavoro di recupero di altre varietà presenti, seppur in quantità esigue, nel patrimonio viticolo rurale della zona.

Un punto fermo che invece accomuna tutte le persone che ho conosciuto è l’avere a cuore concretamente l’ambiente ed il territorio circostante, che in tutti i casi citati a seguire si può dire letteralmente casa loro, e nostra (questo è il bello dei piccoli produttori diretti!). Alcuni hanno certificazione biologica ma vi garantisco di persona che praticamente tutti sono talmente in simbiosi con il loro lavoro da rendere impensabile l’uso scriteriato di qualsiasi sostanza in vigneto o cantina, ancorchè ammessa a livello normativo. Ma probabilmente li conoscete voi meglio di me che sono “forestiero” e sapete di chi e cosa parliamo e del lavoro di mantenimento del territorio agricolo, altrimenti a rischio di ri-abbandono, che portano avanti da tempo: se ad oggi passeggiamo nelle nostre aree verdi in sentieri ben manutenuti, godendo di un paesaggio invidiabile e curato lo dobbiamo anche a chi in questo paesaggio ha investito tempo e denaro e se ne prende cura tutti i giorni.

Quindi il ventaglio di proposte è vario e intenzionato a coprire più scenari: per la zona di Pontida e Palazzago si va dalla gestione concretamente naturale dei vigneti e alle vinificazioni in sottrazione che caratterizzano gli eclettici vini de Le Driadi al mirato e consolidato Chardonnay spumante brut di Drezza o agli estrattivi e sapidi vini bianchi di Tosca. Sul Monte Canto invece trovano dimora i vigneti di Tassodine, da cui proviene oltre al celebre Pinot Nero anche un piacevole e ricco Merlot, e dalla parte opposta in comune di Ambivere, sempre con bella esposizione verso sud, i vigneti a conduzione biologica dell’Azienda Ronchi di Genestaro da cui si producono due vini in piccolissime quantità: un Incrocio Manzoni 6.0.13 intenso e verticale ed un fragrante e profumato rosso da uve Incrocio Terzi (incrocio varietale tra Barbera e Cabernet Franc creato dal viticoltore Riccardo Terzi di Sotto al Monte nella prima metà del secolo scorso) unito ad una piccola parte di Prior, vitigno PIWI. Stiamo infine definendo una scelta per la zona di Montevecchia, e poi dovremmo avanzare uno o due posti ancora per qualche altra selezione dal cuore della Valcalepio, di cui trovate comunque sempre i consolidati vini della cantina Locatelli Caffi.

Nelle settimane a venire avremo modo di assaggiare insieme in negozio alcune di queste nuovi inserimenti: ovviamente come è nostra consuetudine questa selezione sarà soggetta nel tempo a variazione e rotazione delle proposte, anche perchè effettivamente i produttori virtuosi ed i vini meritevoli sono molti. Restando in tema di vini vicini a noi e a noi cari, un altra buona notizia è che abbiamo anche fatto spazio per un buon numero di nuove proposte dalla Valtellina, ancora da definire, ma ne parleremo più avanti.

Valdobbiadene e il Prosecco di Torre Zecchei

Questa estate durante le vacanze ci siamo regalati qualche giorno di piacere tra i magnifici paesaggi della Valdobbiadene, patrimonio mondiale Unesco. Racchiusa tra Valdobbiadene, Conegliano e Vittorio Veneto quest’area vinicola è la culla storica della produzione di Prosecco a DOCG, qui etichettato appunto come Conegliano Valdobbiadene Superiore DOCG o Valdobbiadene Superiore DOCG, e sovente senza nemmeno più il nome Prosecco in etichetta. Scelta, questa, dovuta all’inflazionamento del vino Prosecco sui mercati, dopo il contestato ampliamento della zona di produzione a DOC avvenuta anni fa che ha visto salire sul carro vincente anche produzioni industriali o prettamente commerciali, dalle mastodontiche rese per ettaro, in terreni di pianura spesso geologicamente al limite della sufficienza per la viticoltura, o prodotti creati senza nessuna cura e passione, ma solo per soddisfare i numeri di un mercato in costante crescita.

Questa premessa è dovuta perchè la differenza tra bere un Valdobbiadene – Conegliano Prosecco Superiore o un Prosecco DOC è netta e da comprendere bene. Nulla togliendo ad un buon Prosecco Treviso DOC ben fatto (e che comunque non possiamo trovare sempre in offerta a pochi spicci), la produzione di uve Glera, da cui si ottiene tutto il Prosecco, è storicamente radicata in Valdobbiadene e soggetta ad un disciplinare a sè, appositamente dedicato.

Le splendide colline di origine glaciale, alluvionale e marina, che siano dolci o più irte a seconda della zona ma sempre caratterizzate da distinte caratteristiche chimico – fisiche e ottimale permeabilità, insieme al perfetto equilibrio climatico dato dalla vicinanza delle montagne e della loro benefica escursione termica, creano la condizione ideale per la coltivazione di uve dal ricco e unico profilo aromatico e gustativo.

La lavorazione delle viti e la raccolta delle uve avvengono (da disciplinare) rigorosamente a mano, con il necessario dispendio di tempo e fatiche immaginabili rispetto ad un vigneto meccanizzato di pianura, è vietato il diserbo chimico e le rese per ettaro sono ben ridotte, ovviamente, rispetto ad un Prosecco prodotto fuori dall’area a DOCG. Come ulteriore valorizzazione sono state create 43 menzioni geografiche aggiuntive, denominate “Rive di..” in etichetta, che caratterizzano vini prodotti in sottozone ristrette, dette rive appunto, generalmente caratterizzate da forte pendenza e con caratteristiche geologiche ben distinte, che danno uve di ulteriore qualità e vini dai tratti caratteristici.

Tornando al nostro viaggio, inizialmente abbiamo avuto il piacere di essere ospiti presso la Cantina e Agriturismo La Casa Vecchia a Santo Stefano. Qui, passeggiando piacevolmente tra le vigne del cru di Cartizze sino a raggiungere la sommità delle colline antistanti, abbiamo potuto verificare con le nostre gambe la difficoltà e pendenza che deve affrontare un vignaiolo che lavori manualmente le uve in queste zone.

A proposito della denominazione Cartizze, mi sono tolto finalmente la curiosità di scoprire a fondo, sul posto, le peculiarità di questa rinomata produzione. Si tratta di una zona di soli 108 ettari, che dal colle dove si trova la famosa Osteria senz’oste (che ad oggi purtroppo ho trovato un pò snaturata nella sua originaria essenza, ridotta ad attrazione turistica… ma tant’è) rientra tutta in una fotografia.

Le vigne di Cartizze sono esposte tutte a sud e godono della ventilazione ed escursione termica importante data dalla montagna sovrastante: sono dei cloni vecchi e con la caratteristica di produrre uva Glera con grappoli spargoli (dai chicchi radi, vedi in foto) con un concentrato tenore zuccherino e grande intensità aromatica. Proprio il fatto di produrre grappoli spargoli e dolci rendeva tempi addietro l’uva di questa zona adatta ad essere appassita, scongiurando ammuffimenti indesiderati, per fare il prezioso vino dolce delle feste. Operazione che si faceva sulle “graticce”, da cui la storpiatura linguistica dialettale “gardizze” fino a “cartizze”. Il cru di Cartizze è diviso in tantissime parcelle tutte di proprietà di viticoltori, ed il valore dei terreni raggiunge cifre altissime, arrivando anche a due milioni di euro per ettaro.

Concludiamo la nostra passeggiata con una gaudente degustazione dei vini della cantina La Casa Vecchia sul loro portico che affaccia direttamente sui vigneti di Cartizze, con un tramonto dopo la pioggia da riempire gli occhi ed il cuore. Io personalmente invito i miei clienti ad approcciarsi alla tipologia di prosecco brut rispetto ad un extra dry, che trovo più equilibrata nel rapporto zuccheri-aromaticità e meno stancante, più gastronomica. Il Cartizze prodotto da loro in versione dry stupisce per il suo quadro aromatico intenso ed esplosivo, con una persistenza lunghissima e gusto sapientemente bilanciato nonostante il residuo zuccherino. Comunque tutti vini di alto livello qualitativo, dove si ritrova il lavoro attento e la passione trasmessa anche dal titolare durante una bella chiacchierata.

I giorni seguenti ci siamo concessi un piacevole girovagare lungo la strada del vino ed i paesi di Asolo e Bassano del Grappa, tra scorci spettacolari, borghi caratteristici e golose soste gastronomiche, trovando sempre una accoglienza professionale e preparata, aspettando l’appuntamento presso la Tenuta Torre Zecchei a Valdobbiadene, nostri nuovi fornitori da quest’anno.

Qui veniamo accolti da Tiziano ed Elisa, che subito ci mettono a nostro agio con affabilità e cortesia, nonostante il periodo sia già di preparazione per l’imminente vendemmia, e ci dedicano il loro tempo con piacere. L’azienda è dedita quasi esclusivamente alla produzione di spumanti, con uve da vigneti di proprietà collocati nel territorio della DOCG Conegliano Valdobbiadene, con cui viene prodotto anche il Prosecco Treviso DOC da uve sempre vendemmiate manualmente! Gli spazi di lavoro sono tutti a vista e contigui come è usuale in una cantina di piccole dimensioni, ordinati e puliti come buona prassi per chi lavora con criterio. Le vasche di fermentazione e stoccaggio brillano in fila affacciate alle autoclavi dove il Prosecco farà la seconda rifermentazione a temperatura controllata: le dimensioni sono contenute e si vede subito che l’obiettivo è una produzione mirata, di qualità. Tutto è pronto per accogliere l’uva che arriverà, quindi con Tiziano conveniamo che è il momento di aprire un paio di bottiglie e metterci comodi.

Mentre degustiamo il loro Valdobbiadene Brut, a mente fresca di altri assaggi fatti nei giorni seguenti, mi convinco sempre più della validità dell’azienda selezionata! Gli aromi sono ampi e intensi, acidità e frutto ben dosati, la sapidità e territorialità caratterizzante spicca netta.

Passiamo poi ad assaggiare il Bonorivo, extra brut proveniente dal loro vigneto più vocato sulle Rive di Cozzuolo, e approfondiamo la conoscenza dei loro metodi di coltivazione. Scopro così che l’azienda punta molto sulla salubrità delle uve, arricchendo i terreni con preparati biologici che rafforzano le viti e le aiutano a contrastare eventuali criticità batteriche e danni da parassiti (principio di dominanza) riducendo gli interventi in vigna ed in cantina e rispettando il territorio.

Mentre chiacchieriamo, mi concentro sul vino nel bicchiere, il Bonorivo, “la cui vinificazione e seguente lavorazione avviene senza aggiunta di solfiti. Prodotto esclusivamente dalla selezione di uve di un vigneto che, per la sua naturale posizione geografica in pieno sole fin dal primo mattino, necessità di limitati trattamenti chimici” (dal sito aziendale): un bicchiere che apre a ventaglio, in maniera esemplare, le caratteristiche aromatiche del vitigno Glera, con un sorso da grande bollicina, setoso e sottile, bilanciato nell’acidità e piacevolezza ma capace di reggere abbinamenti ricercati… complimenti davvero!

Ulteriore nota di merito, l’uso di pannelli fotovoltaici per compensare il fabbisogno di energia elettrica dell’azienda ed il progetto in corso d’opera per la creazione di una nuova e moderna struttura ricettiva alle porte di Valdobbiadene, segno di dinamismo e sana crescita imprenditoriale sul territorio.

E’ giunto il momento di salutarci e procedere per la nostra strada ed il resto della nostra vacanza, con il piacere di avere visto di persona, ancora una volta, una concreta e positiva realtà produttiva, e di poter trasmettere qualcosa di più ai miei clienti quando tornerò al lavoro.

Sicuramente la zona di Conegliano e Valdobbiadene ha ancora tanto da raccontare e magari qualche lacuna tecnica nel mio resoconto potrà esserci, ma ero in viaggio con la famiglia per piacere e così è stato, senza troppi tecnicismi ma con il ricordo di aver incontrato belle persone e scoperto un altro pezzo del nostro meraviglioso paese, ricamato e impreziosito dal lavoro dell’uomo.