Venerdì 26 Maggio 2023 Vermentino Toscana IGT I veroni

Vermentino Toscana IGT “Achillea” Società Agricola I Veroni 2022 – 12,5% vol. – € 11,00 in enoteca.

Oggi stappiamo con piacere una bottiglia di Vermentino della storica Cantina I veroni, dalla quale raccogliamo da tempo grande soddisfazione con i loro Chianti Rufina e Chianti Rufina Riserva. Abbiamo presentato la cantina già tempo fa, trovate ulteriori dettagli sul contesto a questo link.

Andando dritti al sodo, possiamo dire che il Vermentino è coltivato storicamente nelle regioni Italiane che si affacciano sul Tirreno e che hanno avuto nel tempo scambi commerciali favoriti appunto dal mare, che hanno portato con sè anche questa uva dall’origine dibattuta, probabilmente Spagnola: Liguria, Toscana e Sardegna. Quindi i Vermentino notoriamente sono influenzati da note mediterranee e spesso marine, sapide e talvolta addirittura salmastre, poichè spesso coltivati nelle colline retrostanti, se non addirittura a ridosso al mare dal quale ricavano un’influenza organolettica indiscutibile. E’ un vitigno che ben prospera nelle zone costiere e si adatta al clima mediterraneo, vediamo quindi come hanno interpretato invece questo vino nell’entroterra Toscano, dove ha sede la Cantina I Veroni.

Nel bicchiere il colore del vino è un bel giallo chiaro, brillante e vivo. Certamente invitante, a cui segue un profumo netto e limpido di fiori di ginestra, leggere erbe aromatiche e agrumi a buccia gialla, lime, comunque riconoscibilissimo e tipico del vitigno. Anche dopo un pò il profumo non perde intensità, anzi, si apre ancora donando lievi note di melone bianco, zenzero e pesca bianca. Gustandolo troviamo perfetta corrispondenza, un vino verticale e senza sbalzi, che rivela però una sensazione di corpo e glicerica maggiore rispetto alla gradazione alcolica contenuta, una persistenza lunga e caratterizzata da un finale pepato (pepe bianco), ben sapido e con un retrogusto leggermente amaricante, paragonabile tra lo zenzero e la mandorla.

Sicuramente un vino ben fatto e centrato, dove la cantina ha saputo coniugare le potenzialità del suo territorio, più fresco e “montano” rispetto alla zona costiera, ad un vitigno associato per sua natura al mare. Con cosa lo abbiniamo? Inutile dire con piatti di mare, ovviamente… proviamolo allora con formaggi di capra nostrani freschi, spalmati sul pane ed un filo d’olio di ottima qualità, magari quello più delicato e verde delle nostre zone, oppure con gli agoni di lago in carpione!

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Chi ha paura del tappo a vite?

Maggio 2023: sui nostri scaffali trovi diverse bottiglie chiuse con tappo a vite, detto anche Stelvin che fa meno specie, ma è lo stesso!

Ma dove siete capitati? Cosa porta un’enoteca a esporre diverse bottiglie chiuse con un sistema che notoriamente l’uomo comune rigetta senza possibilità di appello? E pure con la sfacciataggine di attaccarci sotto un cartellino che indica un costo non decisamente da hard discount, come invece dovrebbe essere?

Ironia a parte, queste righe sono rivolte a chi ha piacere di conoscere ed esplorare il mondo, in questo caso enoico, che lo circonda: lasciamo da parte tifoserie e prese di posizioni trancianti, analizziamo i fatti e poi ognuno continuerà sulla sua strada, ma magari con qualche informazione in più e con la possibilità di esprimere giudizi con cognizione di causa. Perchè non c’è niente di più frustrante, e lo dico per esperienza, di vedere i propri sforzi professionali sminuiti dalla superficialità di giudizio.

Spendiamo quindi due parole per sostenere la causa di una precisa scelta, in primis non certo nostra, ma fatta da persone serie che producono vino da tempo anche con un background blasonato e consolidato, e ritengono che questo tipo di chiusura sia idonea per proporla al pubblico su certi vini da loro prodotti .

Dando uno sguardo ai miei scaffali penso a produttori come i F.lli Pisoni, una delle poche cantine rimaste a fare il Vino Santo Trentino presidio Slow Food, ed al loro splendido Codecce bianco senza solfiti, oppure Falkenstein che in Val Venosta vinifica uno dei migliori Riesling d’Italia, o ad Hermes Rusticali di Tenuta Uccellina quando mi raccontava i tre passaggi in vendemmia e le vinificazioni in tempi differenti dell’uva Famoso per ottenere la massima qualità volta a creare il loro Rambela bianco, o agli apprezzati vini bio di Tosca in Val Pontida e agli aromatici e moderni bianchi di Valtellina de La Spia… senza parlare delle svariate bottiglie di Riesling Renano di alta qualità bevute con gli amici, da capogiro: ecco, tutte queste bottiglie sono tappate, per scelta e con dispendio economico, con un tappo a vite! (ebbene sì, usare un tappo a vite può costare anche più del sughero!).

Perchè? C’è un motivo ben preciso e, ripeto, non c’entra assolutamente nulla con motivazioni di risparmio economico: se generalmente si usa il tappo a vite solo su certe tipologie di vino è, semplificando, perchè conserva con certezza il vino dall’ossidazione e mantiene più a lungo gli aspetti più freschi e fragranti del vino, facendo in modo che l’evoluzione avvenga comunque ma con tempi più lunghi. Certamente ottimale per i vini che si producono senza solfiti o con quantità molto ridotte. Questo non è avvenuto così dall’oggi al domani, ma è il risultato di ricerche, studi ed investimenti a lungo termine: chi vuole approfondire troverà in rete dati e numeri a non finire, anche andando parecchio indietro nel tempo. (es. qui sotto citato https://www.infowine.com/intranet/libretti/libretto2637-01-1.pdf)

Ma va bene per tutti i vini? Domanda ardua… ma principalmente è il mercato che comanda ancora: per i rossi importanti e sui lunghi invecchiamenti nessuno ha ancora sfondato commercialmente il muro di timore che avvolge la questione (si stanno comunque conducendo esperimenti in background con risultati anche incoraggianti, a sentire gli addetti ai lavori, ma ci vorrebbe un approfondimento a parte). Per i vini bianchi anche importanti, i vini senza solfiti o i rossi di consumo a breve temine, 4-6 anni oserei dire, la certezza tecnica sembra ormai unanime. Comunque sia è un campo in costante osservazione ed evoluzione, e per quanto possiamo essere tradizionalisti, non si può ignorare.

Personalmente condivido questo pensiero che ho letto in rete, e non me ne voglia l’autore se non ne ricordo la fonte: “se il vino è portato qualitativamente ad essere un vino che dura nel tempo, l’ossigeno di cui ha bisogno è già tutto nel vino stesso al momento dell’imbottigliamento”. Aggiungo io: se un vino è di buona qualità, non sarà certo il tappo a vite a rovinarlo, al contrario di quanto invece succede a volte col sughero. Al massimo rimarrà stabile come è, ma se abbiamo a che fare con un vino scadente possiamo metterlo in bottiglia con il miglior tappo in sughero del mondo ma scadente rimarrà, e non andrà nemmeno molto lontano. Ergo, se il sughero fosse garanzia di qualità del vino con esso tappato non ci sarebbero in giro certi vinacci!

Ma c’è un’immagine, riproposta qui in fondo, che vale più di tante parole:

PERCHE’ IL TAPPO A VITE? ESPERIMENTO DI TENUTA – AUSTRALIA 1999

Nelle immagini seguenti sono mostrate 14 bottiglie di Clare Valley Semillon 1999 di Leasingham Estate (Australia) chiuse con diversi metodi di tappatura, sia sintetici che in sughero, e con TAPPO A VITE. La prova eseguita da Old Bridge Cellars Australian Wine Research lnstitute è durata ben 125 mesi ( 10 anni e 5 mesi).

La bottiglia col tappo nero, prima a sinistra, è stata chiusa con tappo a vite (anche detto Stelvin).

Le immagini a seguire mostrano i vini dopo 28, 63 e 125 mesi: già solo dalle foto si può notare come il livello di ossidazione sia minimo nella chiusura con tappo a vite, come effettivamente confermato dall’assaggio condotto, anno dopo anno, da esperti dell’istituto.

Le altre tipologie di tenuta hanno ceduto col tempo, in momenti differenti, rendendo quasi tutti i vini imbevibili alla fine dell’esperimento. Il vino chiuso con tappo a vite era ancora perfetto e presentava comunque corrette caratteristiche di maturazione.

Si intende che nessuno vuole obbligare a sostituire per sempre e senza alternative tutti i tappi con i tappi a vite: sono normali esperimenti di ricerca che si conducono in tutto il mondo per risolvere questioni tecniche e sviluppare soluzioni pratiche, che poi si traducono in proposte concrete al consumatore, ma sempre in evoluzione e passibili di critica e ritrattamento. Tanti produttori, per alcuni vini, ritengono il tappo a vite ottimale per la loro conservazione: ad oggi questo è lo stato dei fatti.

E’ SOLO UNA SCELTA DI RISPARMIO PER IL PRODUTTORE?

No, anzi, per un produttore decidere di chiudere alcune delle proprie bottiglie con tappo a vite significa dotarsi di una nuova attrezzatura (aggiuntiva alla linea sughero/sintetico) per l’imbottigliamento, il cui costo può andare da qualche migliaio di euro fino a diverse decine di migliaia, a seconda dei numeri di bottiglie da lavorare. Per piccoli numeri si può ricorrere anche al’imbottigliamento conto terzi, ma i costi sono molto elevati.

NON TI PIACE COMUNQUE?

Ok, rispettiamo la tua opinione, però il nostro lavoro è spiegarti correttamente perchè sempre più produttori scelgono il tappo a vite, soprattutto per vini di cui si vuole preservare maggiormente freschezza e fragranza o se si lavora con ridotto (o nullo) uso di solfiti per la conservazione . Adesso che l’abbiamo fatto, scegli comunque tu.

Immagine Australian Wine Research Institute

Venerdì 17 Marzo 2023 – “Brio” Lugana Spumante Brut Perla del Garda

La Cantina Perla del Garda ha sede nel comune di Lonato, nella parte più collinare della piccola e pregiata denominazione Lugana.

Sostenibilità e riconoscimenti di Qualità vanno di pari passo con l’impegno concreto: lavorazioni in gravità in cantina, vendemmia manuale, interventi mirati alle necessità in vigna con una parte dei vigneti a conduzione totalmente biologica.

Le certificazioni ambientali SQNPI – Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata e Make It Sustainable si aggiungono ai 3 Bicchieri Gambero Rosso ottenuti quest’anno per il Lugana Superiore Madonna della Scoperta 2019.

Lo spumante Brio ottenuto tramite metodo Martinotti è ottenuto con uve 100% Turbiana e ne riflette appieno le caratteristiche tipiche: sotto la schiuma sostanziosa, la bollicina fine ed il bel colore paglierino brillante con i riflessi verdolini della gioventù si aprono i profumi subito intensi e avvolgenti di zagara e agrumi dolci che lasciano il passo a sentori floreali più sottili, freschi e piacevolmente vegetali con una lievissima sensazione di erba aromatica (incenso?)

Il sorso corrisponde in toto ai profumi ed è caratterizzato da una effervescenza pacata, un corpo rotondo e decisamente sapido con una bella acidità viva che ne fa apprezzare la freschezza.

Un vino che ci proietta già sotto un bel pergolato al sole, a far da sottofondo nei calici per i conviviali aperitivi con i colori e le consistenze della cucina di primavera.

Nuovo Corner Vini del Territorio


Quest’anno, in concomitanza con i 10 anni di attività, mi ero riproposto di riqualificare e riordinare significativamente la selezione di vini in bottiglia, affinchè riflettesse maggiormente lo spirito e la direzione intrapresa nel tempo di offrire vini con un particolare background, ed uno degli obiettivi era quello di creare un corner ben distinto per i vini del territorio.

Finalmente, una volta fatto spazio sugli scaffali dopo le vendite delle festività, sono riuscito a individuare una sezione dove esporre ben ordinate almeno 15 etichette e ricavare spazio per due “bollicine” locali nella già affollata sezione spumanti, in modo da poter offrire una discreta panoramica sulla produzione vinicola della zona, intesa come la più prossima: Val Pontida, Monte Canto e Montevecchia che vanno ad affiancarsi ai vini già presenti in negozio provenienti dal cuore della Valcalepio.

Durante gli anni in cui mi sono trasferito in quel di Cisano Bergamasco ho avuto modo di scoprire e conoscere diverse realtà lavorative (e ovviamente assaggiare in più occasioni i loro vini) alle quali va riconosciuto l’indubbio merito di essere riuscite nel tempo a fare gruppo e coltivare un pubblico proprio e ben definito con numerose manifestazioni di promozione sul territorio: eventi su misura sempre ben curati e ben organizzati che hanno preparato un terreno fertile e ricettivo anche per la parte commerciale. Questo nonostante le dimensioni minuscole dei singoli produttori!

Creato lo spazio, la parte ancora su cui lavorare era quindi l’assortimento. Qui la cosa si è fatta interessante, perchè sebbene si possa pensare che le varietà di uve in uso nella Bergamasca siano principalmente se non esclusivamente quelle internazionali in lascito dal programma di ripresa agronomica degli anni settanta (merlot, cabernet sauvignon, pinot e chardonnay in primis), i diversi produttori che ho conosciuto riescono a stupire sia per le diverse e caratterizzanti metodologie di conduzione in cantina e interpretazione dei vitigni sopracitati, sia per l’uso di altre varietà anche impegnative o inusali (vedi il Pinot Nero o i nuovi vitigni PIWI, cioè varietà resistenti alle malattie funginee che permettono di ridurre significativamente l’uso di trattamenti) e sia con l’appassionato lavoro di recupero di altre varietà presenti, seppur in quantità esigue, nel patrimonio viticolo rurale della zona.

Un punto fermo che invece accomuna tutte le persone che ho conosciuto è l’avere a cuore concretamente l’ambiente ed il territorio circostante, che in tutti i casi citati a seguire si può dire letteralmente casa loro, e nostra (questo è il bello dei piccoli produttori diretti!). Alcuni hanno certificazione biologica ma vi garantisco di persona che praticamente tutti sono talmente in simbiosi con il loro lavoro da rendere impensabile l’uso scriteriato di qualsiasi sostanza in vigneto o cantina, ancorchè ammessa a livello normativo. Ma probabilmente li conoscete voi meglio di me che sono “forestiero” e sapete di chi e cosa parliamo e del lavoro di mantenimento del territorio agricolo, altrimenti a rischio di ri-abbandono, che portano avanti da tempo: se ad oggi passeggiamo nelle nostre aree verdi in sentieri ben manutenuti, godendo di un paesaggio invidiabile e curato lo dobbiamo anche a chi in questo paesaggio ha investito tempo e denaro e se ne prende cura tutti i giorni.

Quindi il ventaglio di proposte è vario e intenzionato a coprire più scenari: per la zona di Pontida e Palazzago si va dalla gestione concretamente naturale dei vigneti e alle vinificazioni in sottrazione che caratterizzano gli eclettici vini de Le Driadi al mirato e consolidato Chardonnay spumante brut di Drezza o agli estrattivi e sapidi vini bianchi di Tosca. Sul Monte Canto invece trovano dimora i vigneti di Tassodine, da cui proviene oltre al celebre Pinot Nero anche un piacevole e ricco Merlot, e dalla parte opposta in comune di Ambivere, sempre con bella esposizione verso sud, i vigneti a conduzione biologica dell’Azienda Ronchi di Genestaro da cui si producono due vini in piccolissime quantità: un Incrocio Manzoni 6.0.13 intenso e verticale ed un fragrante e profumato rosso da uve Incrocio Terzi (incrocio varietale tra Barbera e Cabernet Franc creato dal viticoltore Riccardo Terzi di Sotto al Monte nella prima metà del secolo scorso) unito ad una piccola parte di Prior, vitigno PIWI. Stiamo infine definendo una scelta per la zona di Montevecchia, e poi dovremmo avanzare uno o due posti ancora per qualche altra selezione dal cuore della Valcalepio, di cui trovate comunque sempre i consolidati vini della cantina Locatelli Caffi.

Nelle settimane a venire avremo modo di assaggiare insieme in negozio alcune di queste nuovi inserimenti: ovviamente come è nostra consuetudine questa selezione sarà soggetta nel tempo a variazione e rotazione delle proposte, anche perchè effettivamente i produttori virtuosi ed i vini meritevoli sono molti. Restando in tema di vini vicini a noi e a noi cari, un altra buona notizia è che abbiamo anche fatto spazio per un buon numero di nuove proposte dalla Valtellina, ancora da definire, ma ne parleremo più avanti.

La Spia – Valtellina

Di passaggio in Valtellina, non potevamo mancare di fare una sosta presso la Cantina La Spia a Castione Andevenno, nostra ultima proposta della zona vinicola celebre in tutto il mondo per la sua viticoltura eroica di montagna e per il livello qualitativo e estremamente territoriale che esprime il Nebbiolo (detto Chiavennasca) sui caratteristici pendici impervi e terrazzati. I vini della cantina La Spia ci hanno subito colpito, quando provati a suo tempo al banco d’assaggio insieme ad altri vini di Valtellina, e anche tra voi clienti hanno riscosso successo ed un apprezzamento continuativo. Quindi era tempo di visitare la cantina, dove siamo stai accolti da Elena ed Andrea, giovani addetti al ricevimento e gestione clienti, che seppur impegnati dall’afflusso straordinario per via del ponte festivo, non hanno mancato di rispondere ai nostri quesiti e farci degustare le ultime annate in commercio, fresche di riconoscimenti come la corona della guida Touring Vini Buoni d’Italia e le medaglie di platino e argento del Decanter Wine World Award. Altra piacevole conferma della nostra ottima scelta.

La Cantina nasce nel 2009 ed è frutto di un progetto dell’imprenditore Michele Rigamonti, e ha sede in un moderno sito produttivo a Castione: alle sue spalle si trovano i vigneti della sottozona Sassella con degli impianti molto giovani che si sommano alle altre vigne di proprietà o in gestione divisi nell’arco delle altre denominazioni Valtellinesi, per un totale di 4,5 ettari. Volumi molto contenuti, per una produzione di qualità.

Abbiamo potuto respirare l’atmosfera vivace della cantina a vendemmia appena conclusa, con gli strumenti di lavoro appena puliti e riposti, se non ancora in uso, e le vasche ed i fermentatori pieni del futuro vino. In foto vedete dei recipienti in anfora, dove si conducono fermentazioni “sperimentali” per nuovi assemblaggi del vino Castelasch, ed oltre a botti e barriques vedete i piccoli fermentini troncoconici in legno dove si trovano i mosti che andranno a costituire le varie partite per gli assemblaggi dei rossi dell’azienda. La minuziosa parcellizzazione delle operazioni di vendemmia e vinificazione è una peculiarità della loro produzione, per rispettare e valorizzare al massimo le uve raccolte e le loro naturali differenze chimico-fisiche.

La Spia è una piccola cantina giovane e dinamica, che fa dell’innovazione e ricerca un suo punto di forza per completare le tecniche di vinificazioni tradizionali con una visione moderna sì, ma ragionata e rispettosa, che in effetti abbiamo sempre pienamente ritrovato nel quadro aromatico, nella limpidezza gustativa e nell’equilibrio dei loro vini.

Valdobbiadene e il Prosecco di Torre Zecchei

Questa estate durante le vacanze ci siamo regalati qualche giorno di piacere tra i magnifici paesaggi della Valdobbiadene, patrimonio mondiale Unesco. Racchiusa tra Valdobbiadene, Conegliano e Vittorio Veneto quest’area vinicola è la culla storica della produzione di Prosecco a DOCG, qui etichettato appunto come Conegliano Valdobbiadene Superiore DOCG o Valdobbiadene Superiore DOCG, e sovente senza nemmeno più il nome Prosecco in etichetta. Scelta, questa, dovuta all’inflazionamento del vino Prosecco sui mercati, dopo il contestato ampliamento della zona di produzione a DOC avvenuta anni fa che ha visto salire sul carro vincente anche produzioni industriali o prettamente commerciali, dalle mastodontiche rese per ettaro, in terreni di pianura spesso geologicamente al limite della sufficienza per la viticoltura, o prodotti creati senza nessuna cura e passione, ma solo per soddisfare i numeri di un mercato in costante crescita.

Questa premessa è dovuta perchè la differenza tra bere un Valdobbiadene – Conegliano Prosecco Superiore o un Prosecco DOC è netta e da comprendere bene. Nulla togliendo ad un buon Prosecco Treviso DOC ben fatto (e che comunque non possiamo trovare sempre in offerta a pochi spicci), la produzione di uve Glera, da cui si ottiene tutto il Prosecco, è storicamente radicata in Valdobbiadene e soggetta ad un disciplinare a sè, appositamente dedicato.

Le splendide colline di origine glaciale, alluvionale e marina, che siano dolci o più irte a seconda della zona ma sempre caratterizzate da distinte caratteristiche chimico – fisiche e ottimale permeabilità, insieme al perfetto equilibrio climatico dato dalla vicinanza delle montagne e della loro benefica escursione termica, creano la condizione ideale per la coltivazione di uve dal ricco e unico profilo aromatico e gustativo.

La lavorazione delle viti e la raccolta delle uve avvengono (da disciplinare) rigorosamente a mano, con il necessario dispendio di tempo e fatiche immaginabili rispetto ad un vigneto meccanizzato di pianura, è vietato il diserbo chimico e le rese per ettaro sono ben ridotte, ovviamente, rispetto ad un Prosecco prodotto fuori dall’area a DOCG. Come ulteriore valorizzazione sono state create 43 menzioni geografiche aggiuntive, denominate “Rive di..” in etichetta, che caratterizzano vini prodotti in sottozone ristrette, dette rive appunto, generalmente caratterizzate da forte pendenza e con caratteristiche geologiche ben distinte, che danno uve di ulteriore qualità e vini dai tratti caratteristici.

Tornando al nostro viaggio, inizialmente abbiamo avuto il piacere di essere ospiti presso la Cantina e Agriturismo La Casa Vecchia a Santo Stefano. Qui, passeggiando piacevolmente tra le vigne del cru di Cartizze sino a raggiungere la sommità delle colline antistanti, abbiamo potuto verificare con le nostre gambe la difficoltà e pendenza che deve affrontare un vignaiolo che lavori manualmente le uve in queste zone.

A proposito della denominazione Cartizze, mi sono tolto finalmente la curiosità di scoprire a fondo, sul posto, le peculiarità di questa rinomata produzione. Si tratta di una zona di soli 108 ettari, che dal colle dove si trova la famosa Osteria senz’oste (che ad oggi purtroppo ho trovato un pò snaturata nella sua originaria essenza, ridotta ad attrazione turistica… ma tant’è) rientra tutta in una fotografia.

Le vigne di Cartizze sono esposte tutte a sud e godono della ventilazione ed escursione termica importante data dalla montagna sovrastante: sono dei cloni vecchi e con la caratteristica di produrre uva Glera con grappoli spargoli (dai chicchi radi, vedi in foto) con un concentrato tenore zuccherino e grande intensità aromatica. Proprio il fatto di produrre grappoli spargoli e dolci rendeva tempi addietro l’uva di questa zona adatta ad essere appassita, scongiurando ammuffimenti indesiderati, per fare il prezioso vino dolce delle feste. Operazione che si faceva sulle “graticce”, da cui la storpiatura linguistica dialettale “gardizze” fino a “cartizze”. Il cru di Cartizze è diviso in tantissime parcelle tutte di proprietà di viticoltori, ed il valore dei terreni raggiunge cifre altissime, arrivando anche a due milioni di euro per ettaro.

Concludiamo la nostra passeggiata con una gaudente degustazione dei vini della cantina La Casa Vecchia sul loro portico che affaccia direttamente sui vigneti di Cartizze, con un tramonto dopo la pioggia da riempire gli occhi ed il cuore. Io personalmente invito i miei clienti ad approcciarsi alla tipologia di prosecco brut rispetto ad un extra dry, che trovo più equilibrata nel rapporto zuccheri-aromaticità e meno stancante, più gastronomica. Il Cartizze prodotto da loro in versione dry stupisce per il suo quadro aromatico intenso ed esplosivo, con una persistenza lunghissima e gusto sapientemente bilanciato nonostante il residuo zuccherino. Comunque tutti vini di alto livello qualitativo, dove si ritrova il lavoro attento e la passione trasmessa anche dal titolare durante una bella chiacchierata.

I giorni seguenti ci siamo concessi un piacevole girovagare lungo la strada del vino ed i paesi di Asolo e Bassano del Grappa, tra scorci spettacolari, borghi caratteristici e golose soste gastronomiche, trovando sempre una accoglienza professionale e preparata, aspettando l’appuntamento presso la Tenuta Torre Zecchei a Valdobbiadene, nostri nuovi fornitori da quest’anno.

Qui veniamo accolti da Tiziano ed Elisa, che subito ci mettono a nostro agio con affabilità e cortesia, nonostante il periodo sia già di preparazione per l’imminente vendemmia, e ci dedicano il loro tempo con piacere. L’azienda è dedita quasi esclusivamente alla produzione di spumanti, con uve da vigneti di proprietà collocati nel territorio della DOCG Conegliano Valdobbiadene, con cui viene prodotto anche il Prosecco Treviso DOC da uve sempre vendemmiate manualmente! Gli spazi di lavoro sono tutti a vista e contigui come è usuale in una cantina di piccole dimensioni, ordinati e puliti come buona prassi per chi lavora con criterio. Le vasche di fermentazione e stoccaggio brillano in fila affacciate alle autoclavi dove il Prosecco farà la seconda rifermentazione a temperatura controllata: le dimensioni sono contenute e si vede subito che l’obiettivo è una produzione mirata, di qualità. Tutto è pronto per accogliere l’uva che arriverà, quindi con Tiziano conveniamo che è il momento di aprire un paio di bottiglie e metterci comodi.

Mentre degustiamo il loro Valdobbiadene Brut, a mente fresca di altri assaggi fatti nei giorni seguenti, mi convinco sempre più della validità dell’azienda selezionata! Gli aromi sono ampi e intensi, acidità e frutto ben dosati, la sapidità e territorialità caratterizzante spicca netta.

Passiamo poi ad assaggiare il Bonorivo, extra brut proveniente dal loro vigneto più vocato sulle Rive di Cozzuolo, e approfondiamo la conoscenza dei loro metodi di coltivazione. Scopro così che l’azienda punta molto sulla salubrità delle uve, arricchendo i terreni con preparati biologici che rafforzano le viti e le aiutano a contrastare eventuali criticità batteriche e danni da parassiti (principio di dominanza) riducendo gli interventi in vigna ed in cantina e rispettando il territorio.

Mentre chiacchieriamo, mi concentro sul vino nel bicchiere, il Bonorivo, “la cui vinificazione e seguente lavorazione avviene senza aggiunta di solfiti. Prodotto esclusivamente dalla selezione di uve di un vigneto che, per la sua naturale posizione geografica in pieno sole fin dal primo mattino, necessità di limitati trattamenti chimici” (dal sito aziendale): un bicchiere che apre a ventaglio, in maniera esemplare, le caratteristiche aromatiche del vitigno Glera, con un sorso da grande bollicina, setoso e sottile, bilanciato nell’acidità e piacevolezza ma capace di reggere abbinamenti ricercati… complimenti davvero!

Ulteriore nota di merito, l’uso di pannelli fotovoltaici per compensare il fabbisogno di energia elettrica dell’azienda ed il progetto in corso d’opera per la creazione di una nuova e moderna struttura ricettiva alle porte di Valdobbiadene, segno di dinamismo e sana crescita imprenditoriale sul territorio.

E’ giunto il momento di salutarci e procedere per la nostra strada ed il resto della nostra vacanza, con il piacere di avere visto di persona, ancora una volta, una concreta e positiva realtà produttiva, e di poter trasmettere qualcosa di più ai miei clienti quando tornerò al lavoro.

Sicuramente la zona di Conegliano e Valdobbiadene ha ancora tanto da raccontare e magari qualche lacuna tecnica nel mio resoconto potrà esserci, ma ero in viaggio con la famiglia per piacere e così è stato, senza troppi tecnicismi ma con il ricordo di aver incontrato belle persone e scoperto un altro pezzo del nostro meraviglioso paese, ricamato e impreziosito dal lavoro dell’uomo.

Venerdì 27 maggio 2022 – Gossip Pinot Grigio Di Lenardo

“Gossip” Pinot Grigio 2021 DOC Friuli 13% vol. – Di Lenardo – Gonars (UD). € 9,90 in enoteca.

L’uva Pinot Grigio, come indica anche il nome, sebbene conosciuta e associata a vini bianchi, ha la buccia di un colore variabile dal rosa\violetto al ramato (vedi foto sotto), comunque ben diversa dalle varietà a bacca bianca, essendo una derivazione del Pinot Nero. Da qui la molteplice collocazione cromatica dei vini che se ne possono ottenere, anche dipendente dal fatto che se i mosti di uve Pinot Grigio hanno tutti la caratteristica di avere colorazione ramata più o meno intensa, per vari fattori tecnici e biologici durante la vinificazione il vino tende naturalmente a schiarirsi, e a seconda della volontà del vinificatore e dei sistemi adottati (con più o meno macerazione delle bucce, lavorazioni a contatto con l’ossigeno o meno, ulteriori chiarifiche) si può preservare il colore ramato o procedere ad avere un vino cosiddetto “bianco” di varie tonalità.

Questa premessa è necessaria proprio perchè, diversamente da quello che il cliente si aspetta parlando di Pinot Grigio, il vino che andiamo ad assaggiare è intenzionalmente vinificato preservando il colore ramato, o buccia di cipolla chiaro che dir si voglia, e lo proponiamo come inserimento estivo insieme ad altri vini bianchi e rosa.

Degustazione: nel bicchiere si presenta appunto con un color oro chiaro ramato, il profumo è pulito, ampio e netto di fragoline, rosa, mandorle, pompelmo rosa e melone. Il gusto è vibrante, con una fresca acidità che si bilancia perfettamente con l’alcool, rendendo la bevuta scorrevole e rinfrescante. Lunga e sapida persistenza. Un vino decisamente conviviale e fine, con una struttura piacevole ma non frivola, tanto da sembrare un vino di mare. Adatto ai piatti di verdure estivi, torte salate, crostacei e pesce di mare anche in preparazioni con sugo o pomodori, formaggi freschi e di capra.

immagini con licenza c.c.

Venerdì 11 marzo 2022 – Biribesch Tenuta Uccellina

Biribesch Tenuta Uccellina Russi (Ravenna) – Vino frizzante bianco rifermentato in bottiglia sui lieviti. Da uve autoctone Cavecia – 11% vol. € 7,90 in enoteca.

Oggi stappiamo questo vino particolare, un rifermentato in bottiglia sui lieviti, prodotto da Tenuta Uccellina con le uve di una varietà storica Romagnola, la Cavecia, che era proprio in uso anticamente nelle zone rurali per produrre il vino destinato al consumo locale e quotidiano. La Tenuta Uccellina mantiene e conserva questa varietà, rara a trovarsi ormai, in un ettaro scarso di proprietà, proprio con l’intenzione di proporre un vino dal carattere contadino e romantico, da bersi in maniera conviviale e allegra.

Già dalla bottiglia trasparente possiamo notare il colore giallo cedro intenso e il deposito dei lieviti sul fondo (vedi foto sotto), quindi in questi casi si bada a non agitare troppo la bottiglia mettendo in conto che magari un centimetro di vino verrà lasciato indietro, ma comunque non ci spaventiamo se l’ultimo bicchiere sarà un pò torbido poichè è del tutto naturale.

Tolto il tappo, a corona, versiamo nel bicchiere il vino che dopo una bella spumata vigorosa, lascia una corolla cremosa nel bicchiere e bollicine molto fini a salire con continuità.

Il sentore che si leva dal bicchiere di primo acchito è quello preponderante dei lieviti, cosa del tutto normale per un vino rifermentato col fondo, dobbiamo attendere qualche minuto perché il ventaglio di profumi si apra e armonizzi. Allora troviamo sempre il profumo di lieviti ridimensionato e ora gradevole, a cui si avvolgono note citrine e di erbe aromatiche quali timo e salvia, note di agrumi canditi, pompelmo e banana matura, un poco.

Al palato la bollicina è vispa e allegra, piacevolissima, troviamo i sapori corrispondenti ai profumi se non con una nota di mela croccante in più. Caratteristica del vitigno, una bella acidità marcata che pulisce di netto e richiama subito un altro sorso.

Nonostante le sue origine rustiche, note di difetti nessuna per un vino che nel suo semplice equilibrio e piacevole carattere è il compagno ideale per quelle serate in cui si finisce di lavorare e si siede ad un tavolo con un amico, a raccontarsi come và. Ovviamente i tempi moderni richiedono di darsi un tono gourmet, e quindi possiamo immaginarlo con piccola frittura di mare, crudités di pesce azzurro, alici in carpione, acciughe su burro salato o anche pesce di lago in carpione piuttosto con un piatto di spaghetti acciughe, cipolla e pangrattato.

I lieviti depositati sul fondo, dopo che il vino è rifermentato e diventato frizzante in bottiglia.

Venerdì 10 luglio 2021 – Bombino-Fiano Teanum

Bombino-Fiano linea “Alta” Puglia IGP 2019 – 13% vol. – Cantine Teanum S. Paolo di Civitate (FG). € 7,90 in enoteca

Oggi stappiamo un vino che abbiamo inserito last-minute per rafforzare l’offerta di vini bianchi, data la stagione, attingendo dall’ampio catalogo delle collaudate Cantine Teanum .

Versato nel bicchiere, come per molti vini anche se giovani, riteniamo che una breve attesa aiuti a pulire e dispiegare meglio le potenzialità e gli aromi. Attendiamo una ventina di minuti e poi procediamo all’assaggio.

Il colore è quello dell’oro, vivido e di buona intensità, che accompagna un ventaglio di profumi generosi di ananas, albicocca, cedro e lime, frutta gialla candita e in finale una sottile nota che riporta alle erbe aromatiche. Ci aspettiamo assaggiandolo un vino grasso e succoso ma è un’impressione parzialmente ingannevole, infatti dopo aver ritrovato corrispondenza con il sapore dei frutti sopra descritti, la bevuta è subito rinfrescata da un’ampia sensazione sapida e un retrogusto amarognolo che spazzano le note fruttate dal palato cedendo il finale ad una lunga persistenza aromatica e mandorlata.

Un vino dalle sfaccettature ricercate, con l’ottimo rapporto qualità-prezzo che contraddistingue i vini prodotti dalle Cantine Teanum. Lascio a voi immaginare gli abbinamenti molteplici, estivi e mediterranei ma certamente da osare più che con un semplice aperitivo.

Venerdì 4 Giugno 2021

Vento Spumante Brut rosato millesimato 2020 – 11,5% vol. – Cantine Teanum San Paolo di Civitate (FG). € 8,90 in enoteca.

Finalmente riprendiamo ad accogliervi con le consuete degustazioni promozionali dei nostri vini, e lo facciamo con un vino che casca a pennello con i primi caldi della stagione.

Le Cantine Teanum vantano una consolidata esperienza ed una gestione moderna e innovativa, con una gamma di vini ampia che spazia dalle storiche varietà della zona a vitigni di regioni vicine che, come per altre case vinicole Pugliesi, vengono usualmente coltivati ed interpretati dando risultati sicuramente differenti dai territori d’elezione, ma comunque interessanti.

E’ il caso dello spumante rosato brut che andremo a degustare, ottenuto da uve Aglianico, varietà che viene usata sempre maggiormente per spumantizzazione sia in bianco che in rosa, con Metodo Classico o in autoclave come nel caso del Vento spumante rosato.

Versato nel bicchiere forma una schiuma e una bollicina vigorosa, che si sgrava subito lasciando il passo a scie fini che svelano il bel colore rosa antico scarico, non artificioso ma con riflessi naturali vividi, segno del rosato fresco di annata.

il profumo riflette l’occhio, tenue e delicato di crema e ribes, un sottofondo di mandarino, dopo alcuni minuti ritroviamo sempre gli stessi profumi anticipati da una sensazione iodata, di mare, non sgradevole. Un quadro aromatico non esplosivo ma ben equilibrato, piacevole e invitante come si conviene ad uno spumante charmat conviviale.

Il sorso invece ci sorprende, il vitigno Aglianico rivela la sua natura con una verve vinosa e graffiante, incisiva rispetto al colore ed al profumo. Il palato è ben avvolto dalle varie sensazioni: fruttato, vinosità, sapidità e croccantezza ben distribuite, che lasciano una lunga persistenza e un buon ricordo amarognolo e asprigno che invoglia a berne ancora. Qui ci ricordiamo che abbiamo a che fare con uno spumante brut, e subito ci viene voglia di sapori di mare.

Ideale per accompagnare antipasti di mare, di verdure o mousse e torte salate estive. Oppure con uno spaghetto allo scoglio con fondo di pomodorini.