Venerdì 26 Maggio 2023 Vermentino Toscana IGT I veroni

Vermentino Toscana IGT “Achillea” Società Agricola I Veroni 2022 – 12,5% vol. – € 11,00 in enoteca.

Oggi stappiamo con piacere una bottiglia di Vermentino della storica Cantina I veroni, dalla quale raccogliamo da tempo grande soddisfazione con i loro Chianti Rufina e Chianti Rufina Riserva. Abbiamo presentato la cantina già tempo fa, trovate ulteriori dettagli sul contesto a questo link.

Andando dritti al sodo, possiamo dire che il Vermentino è coltivato storicamente nelle regioni Italiane che si affacciano sul Tirreno e che hanno avuto nel tempo scambi commerciali favoriti appunto dal mare, che hanno portato con sè anche questa uva dall’origine dibattuta, probabilmente Spagnola: Liguria, Toscana e Sardegna. Quindi i Vermentino notoriamente sono influenzati da note mediterranee e spesso marine, sapide e talvolta addirittura salmastre, poichè spesso coltivati nelle colline retrostanti, se non addirittura a ridosso al mare dal quale ricavano un’influenza organolettica indiscutibile. E’ un vitigno che ben prospera nelle zone costiere e si adatta al clima mediterraneo, vediamo quindi come hanno interpretato invece questo vino nell’entroterra Toscano, dove ha sede la Cantina I Veroni.

Nel bicchiere il colore del vino è un bel giallo chiaro, brillante e vivo. Certamente invitante, a cui segue un profumo netto e limpido di fiori di ginestra, leggere erbe aromatiche e agrumi a buccia gialla, lime, comunque riconoscibilissimo e tipico del vitigno. Anche dopo un pò il profumo non perde intensità, anzi, si apre ancora donando lievi note di melone bianco, zenzero e pesca bianca. Gustandolo troviamo perfetta corrispondenza, un vino verticale e senza sbalzi, che rivela però una sensazione di corpo e glicerica maggiore rispetto alla gradazione alcolica contenuta, una persistenza lunga e caratterizzata da un finale pepato (pepe bianco), ben sapido e con un retrogusto leggermente amaricante, paragonabile tra lo zenzero e la mandorla.

Sicuramente un vino ben fatto e centrato, dove la cantina ha saputo coniugare le potenzialità del suo territorio, più fresco e “montano” rispetto alla zona costiera, ad un vitigno associato per sua natura al mare. Con cosa lo abbiniamo? Inutile dire con piatti di mare, ovviamente… proviamolo allora con formaggi di capra nostrani freschi, spalmati sul pane ed un filo d’olio di ottima qualità, magari quello più delicato e verde delle nostre zone, oppure con gli agoni di lago in carpione!

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Chi ha paura del tappo a vite?

Maggio 2023: sui nostri scaffali trovi diverse bottiglie chiuse con tappo a vite, detto anche Stelvin che fa meno specie, ma è lo stesso!

Ma dove siete capitati? Cosa porta un’enoteca a esporre diverse bottiglie chiuse con un sistema che notoriamente l’uomo comune rigetta senza possibilità di appello? E pure con la sfacciataggine di attaccarci sotto un cartellino che indica un costo non decisamente da hard discount, come invece dovrebbe essere?

Ironia a parte, queste righe sono rivolte a chi ha piacere di conoscere ed esplorare il mondo, in questo caso enoico, che lo circonda: lasciamo da parte tifoserie e prese di posizioni trancianti, analizziamo i fatti e poi ognuno continuerà sulla sua strada, ma magari con qualche informazione in più e con la possibilità di esprimere giudizi con cognizione di causa. Perchè non c’è niente di più frustrante, e lo dico per esperienza, di vedere i propri sforzi professionali sminuiti dalla superficialità di giudizio.

Spendiamo quindi due parole per sostenere la causa di una precisa scelta, in primis non certo nostra, ma fatta da persone serie che producono vino da tempo anche con un background blasonato e consolidato, e ritengono che questo tipo di chiusura sia idonea per proporla al pubblico su certi vini da loro prodotti .

Dando uno sguardo ai miei scaffali penso a produttori come i F.lli Pisoni, una delle poche cantine rimaste a fare il Vino Santo Trentino presidio Slow Food, ed al loro splendido Codecce bianco senza solfiti, oppure Falkenstein che in Val Venosta vinifica uno dei migliori Riesling d’Italia, o ad Hermes Rusticali di Tenuta Uccellina quando mi raccontava i tre passaggi in vendemmia e le vinificazioni in tempi differenti dell’uva Famoso per ottenere la massima qualità volta a creare il loro Rambela bianco, o agli apprezzati vini bio di Tosca in Val Pontida e agli aromatici e moderni bianchi di Valtellina de La Spia… senza parlare delle svariate bottiglie di Riesling Renano di alta qualità bevute con gli amici, da capogiro: ecco, tutte queste bottiglie sono tappate, per scelta e con dispendio economico, con un tappo a vite! (ebbene sì, usare un tappo a vite può costare anche più del sughero!).

Perchè? C’è un motivo ben preciso e, ripeto, non c’entra assolutamente nulla con motivazioni di risparmio economico: se generalmente si usa il tappo a vite solo su certe tipologie di vino è, semplificando, perchè conserva con certezza il vino dall’ossidazione e mantiene più a lungo gli aspetti più freschi e fragranti del vino, facendo in modo che l’evoluzione avvenga comunque ma con tempi più lunghi. Certamente ottimale per i vini che si producono senza solfiti o con quantità molto ridotte. Questo non è avvenuto così dall’oggi al domani, ma è il risultato di ricerche, studi ed investimenti a lungo termine: chi vuole approfondire troverà in rete dati e numeri a non finire, anche andando parecchio indietro nel tempo. (es. qui sotto citato https://www.infowine.com/intranet/libretti/libretto2637-01-1.pdf)

Ma va bene per tutti i vini? Domanda ardua… ma principalmente è il mercato che comanda ancora: per i rossi importanti e sui lunghi invecchiamenti nessuno ha ancora sfondato commercialmente il muro di timore che avvolge la questione (si stanno comunque conducendo esperimenti in background con risultati anche incoraggianti, a sentire gli addetti ai lavori, ma ci vorrebbe un approfondimento a parte). Per i vini bianchi anche importanti, i vini senza solfiti o i rossi di consumo a breve temine, 4-6 anni oserei dire, la certezza tecnica sembra ormai unanime. Comunque sia è un campo in costante osservazione ed evoluzione, e per quanto possiamo essere tradizionalisti, non si può ignorare.

Personalmente condivido questo pensiero che ho letto in rete, e non me ne voglia l’autore se non ne ricordo la fonte: “se il vino è portato qualitativamente ad essere un vino che dura nel tempo, l’ossigeno di cui ha bisogno è già tutto nel vino stesso al momento dell’imbottigliamento”. Aggiungo io: se un vino è di buona qualità, non sarà certo il tappo a vite a rovinarlo, al contrario di quanto invece succede a volte col sughero. Al massimo rimarrà stabile come è, ma se abbiamo a che fare con un vino scadente possiamo metterlo in bottiglia con il miglior tappo in sughero del mondo ma scadente rimarrà, e non andrà nemmeno molto lontano. Ergo, se il sughero fosse garanzia di qualità del vino con esso tappato non ci sarebbero in giro certi vinacci!

Ma c’è un’immagine, riproposta qui in fondo, che vale più di tante parole:

PERCHE’ IL TAPPO A VITE? ESPERIMENTO DI TENUTA – AUSTRALIA 1999

Nelle immagini seguenti sono mostrate 14 bottiglie di Clare Valley Semillon 1999 di Leasingham Estate (Australia) chiuse con diversi metodi di tappatura, sia sintetici che in sughero, e con TAPPO A VITE. La prova eseguita da Old Bridge Cellars Australian Wine Research lnstitute è durata ben 125 mesi ( 10 anni e 5 mesi).

La bottiglia col tappo nero, prima a sinistra, è stata chiusa con tappo a vite (anche detto Stelvin).

Le immagini a seguire mostrano i vini dopo 28, 63 e 125 mesi: già solo dalle foto si può notare come il livello di ossidazione sia minimo nella chiusura con tappo a vite, come effettivamente confermato dall’assaggio condotto, anno dopo anno, da esperti dell’istituto.

Le altre tipologie di tenuta hanno ceduto col tempo, in momenti differenti, rendendo quasi tutti i vini imbevibili alla fine dell’esperimento. Il vino chiuso con tappo a vite era ancora perfetto e presentava comunque corrette caratteristiche di maturazione.

Si intende che nessuno vuole obbligare a sostituire per sempre e senza alternative tutti i tappi con i tappi a vite: sono normali esperimenti di ricerca che si conducono in tutto il mondo per risolvere questioni tecniche e sviluppare soluzioni pratiche, che poi si traducono in proposte concrete al consumatore, ma sempre in evoluzione e passibili di critica e ritrattamento. Tanti produttori, per alcuni vini, ritengono il tappo a vite ottimale per la loro conservazione: ad oggi questo è lo stato dei fatti.

E’ SOLO UNA SCELTA DI RISPARMIO PER IL PRODUTTORE?

No, anzi, per un produttore decidere di chiudere alcune delle proprie bottiglie con tappo a vite significa dotarsi di una nuova attrezzatura (aggiuntiva alla linea sughero/sintetico) per l’imbottigliamento, il cui costo può andare da qualche migliaio di euro fino a diverse decine di migliaia, a seconda dei numeri di bottiglie da lavorare. Per piccoli numeri si può ricorrere anche al’imbottigliamento conto terzi, ma i costi sono molto elevati.

NON TI PIACE COMUNQUE?

Ok, rispettiamo la tua opinione, però il nostro lavoro è spiegarti correttamente perchè sempre più produttori scelgono il tappo a vite, soprattutto per vini di cui si vuole preservare maggiormente freschezza e fragranza o se si lavora con ridotto (o nullo) uso di solfiti per la conservazione . Adesso che l’abbiamo fatto, scegli comunque tu.

Immagine Australian Wine Research Institute

10 anni con Voi!

Ad Aprile festeggiamo insieme i 10 anni di attività! Iniziamo con un week-end di sconto del 10% su tutto* e poi faremo una grande festa con musica e polenta taragna sabato 15… e fino alla fine del mese troverete tanti prodotti in promozione speciale! Passa a trovarci e festeggia con noi!

*esclusa merce già in promozione o prenotazioni anticipate

Venerdì 17 Marzo 2023 – “Brio” Lugana Spumante Brut Perla del Garda

La Cantina Perla del Garda ha sede nel comune di Lonato, nella parte più collinare della piccola e pregiata denominazione Lugana.

Sostenibilità e riconoscimenti di Qualità vanno di pari passo con l’impegno concreto: lavorazioni in gravità in cantina, vendemmia manuale, interventi mirati alle necessità in vigna con una parte dei vigneti a conduzione totalmente biologica.

Le certificazioni ambientali SQNPI – Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata e Make It Sustainable si aggiungono ai 3 Bicchieri Gambero Rosso ottenuti quest’anno per il Lugana Superiore Madonna della Scoperta 2019.

Lo spumante Brio ottenuto tramite metodo Martinotti è ottenuto con uve 100% Turbiana e ne riflette appieno le caratteristiche tipiche: sotto la schiuma sostanziosa, la bollicina fine ed il bel colore paglierino brillante con i riflessi verdolini della gioventù si aprono i profumi subito intensi e avvolgenti di zagara e agrumi dolci che lasciano il passo a sentori floreali più sottili, freschi e piacevolmente vegetali con una lievissima sensazione di erba aromatica (incenso?)

Il sorso corrisponde in toto ai profumi ed è caratterizzato da una effervescenza pacata, un corpo rotondo e decisamente sapido con una bella acidità viva che ne fa apprezzare la freschezza.

Un vino che ci proietta già sotto un bel pergolato al sole, a far da sottofondo nei calici per i conviviali aperitivi con i colori e le consistenze della cucina di primavera.

Nuovo Corner Vini del Territorio


Quest’anno, in concomitanza con i 10 anni di attività, mi ero riproposto di riqualificare e riordinare significativamente la selezione di vini in bottiglia, affinchè riflettesse maggiormente lo spirito e la direzione intrapresa nel tempo di offrire vini con un particolare background, ed uno degli obiettivi era quello di creare un corner ben distinto per i vini del territorio.

Finalmente, una volta fatto spazio sugli scaffali dopo le vendite delle festività, sono riuscito a individuare una sezione dove esporre ben ordinate almeno 15 etichette e ricavare spazio per due “bollicine” locali nella già affollata sezione spumanti, in modo da poter offrire una discreta panoramica sulla produzione vinicola della zona, intesa come la più prossima: Val Pontida, Monte Canto e Montevecchia che vanno ad affiancarsi ai vini già presenti in negozio provenienti dal cuore della Valcalepio.

Durante gli anni in cui mi sono trasferito in quel di Cisano Bergamasco ho avuto modo di scoprire e conoscere diverse realtà lavorative (e ovviamente assaggiare in più occasioni i loro vini) alle quali va riconosciuto l’indubbio merito di essere riuscite nel tempo a fare gruppo e coltivare un pubblico proprio e ben definito con numerose manifestazioni di promozione sul territorio: eventi su misura sempre ben curati e ben organizzati che hanno preparato un terreno fertile e ricettivo anche per la parte commerciale. Questo nonostante le dimensioni minuscole dei singoli produttori!

Creato lo spazio, la parte ancora su cui lavorare era quindi l’assortimento. Qui la cosa si è fatta interessante, perchè sebbene si possa pensare che le varietà di uve in uso nella Bergamasca siano principalmente se non esclusivamente quelle internazionali in lascito dal programma di ripresa agronomica degli anni settanta (merlot, cabernet sauvignon, pinot e chardonnay in primis), i diversi produttori che ho conosciuto riescono a stupire sia per le diverse e caratterizzanti metodologie di conduzione in cantina e interpretazione dei vitigni sopracitati, sia per l’uso di altre varietà anche impegnative o inusali (vedi il Pinot Nero o i nuovi vitigni PIWI, cioè varietà resistenti alle malattie funginee che permettono di ridurre significativamente l’uso di trattamenti) e sia con l’appassionato lavoro di recupero di altre varietà presenti, seppur in quantità esigue, nel patrimonio viticolo rurale della zona.

Un punto fermo che invece accomuna tutte le persone che ho conosciuto è l’avere a cuore concretamente l’ambiente ed il territorio circostante, che in tutti i casi citati a seguire si può dire letteralmente casa loro, e nostra (questo è il bello dei piccoli produttori diretti!). Alcuni hanno certificazione biologica ma vi garantisco di persona che praticamente tutti sono talmente in simbiosi con il loro lavoro da rendere impensabile l’uso scriteriato di qualsiasi sostanza in vigneto o cantina, ancorchè ammessa a livello normativo. Ma probabilmente li conoscete voi meglio di me che sono “forestiero” e sapete di chi e cosa parliamo e del lavoro di mantenimento del territorio agricolo, altrimenti a rischio di ri-abbandono, che portano avanti da tempo: se ad oggi passeggiamo nelle nostre aree verdi in sentieri ben manutenuti, godendo di un paesaggio invidiabile e curato lo dobbiamo anche a chi in questo paesaggio ha investito tempo e denaro e se ne prende cura tutti i giorni.

Quindi il ventaglio di proposte è vario e intenzionato a coprire più scenari: per la zona di Pontida e Palazzago si va dalla gestione concretamente naturale dei vigneti e alle vinificazioni in sottrazione che caratterizzano gli eclettici vini de Le Driadi al mirato e consolidato Chardonnay spumante brut di Drezza o agli estrattivi e sapidi vini bianchi di Tosca. Sul Monte Canto invece trovano dimora i vigneti di Tassodine, da cui proviene oltre al celebre Pinot Nero anche un piacevole e ricco Merlot, e dalla parte opposta in comune di Ambivere, sempre con bella esposizione verso sud, i vigneti a conduzione biologica dell’Azienda Ronchi di Genestaro da cui si producono due vini in piccolissime quantità: un Incrocio Manzoni 6.0.13 intenso e verticale ed un fragrante e profumato rosso da uve Incrocio Terzi (incrocio varietale tra Barbera e Cabernet Franc creato dal viticoltore Riccardo Terzi di Sotto al Monte nella prima metà del secolo scorso) unito ad una piccola parte di Prior, vitigno PIWI. Stiamo infine definendo una scelta per la zona di Montevecchia, e poi dovremmo avanzare uno o due posti ancora per qualche altra selezione dal cuore della Valcalepio, di cui trovate comunque sempre i consolidati vini della cantina Locatelli Caffi.

Nelle settimane a venire avremo modo di assaggiare insieme in negozio alcune di queste nuovi inserimenti: ovviamente come è nostra consuetudine questa selezione sarà soggetta nel tempo a variazione e rotazione delle proposte, anche perchè effettivamente i produttori virtuosi ed i vini meritevoli sono molti. Restando in tema di vini vicini a noi e a noi cari, un altra buona notizia è che abbiamo anche fatto spazio per un buon numero di nuove proposte dalla Valtellina, ancora da definire, ma ne parleremo più avanti.

La Spia – Valtellina

Di passaggio in Valtellina, non potevamo mancare di fare una sosta presso la Cantina La Spia a Castione Andevenno, nostra ultima proposta della zona vinicola celebre in tutto il mondo per la sua viticoltura eroica di montagna e per il livello qualitativo e estremamente territoriale che esprime il Nebbiolo (detto Chiavennasca) sui caratteristici pendici impervi e terrazzati. I vini della cantina La Spia ci hanno subito colpito, quando provati a suo tempo al banco d’assaggio insieme ad altri vini di Valtellina, e anche tra voi clienti hanno riscosso successo ed un apprezzamento continuativo. Quindi era tempo di visitare la cantina, dove siamo stai accolti da Elena ed Andrea, giovani addetti al ricevimento e gestione clienti, che seppur impegnati dall’afflusso straordinario per via del ponte festivo, non hanno mancato di rispondere ai nostri quesiti e farci degustare le ultime annate in commercio, fresche di riconoscimenti come la corona della guida Touring Vini Buoni d’Italia e le medaglie di platino e argento del Decanter Wine World Award. Altra piacevole conferma della nostra ottima scelta.

La Cantina nasce nel 2009 ed è frutto di un progetto dell’imprenditore Michele Rigamonti, e ha sede in un moderno sito produttivo a Castione: alle sue spalle si trovano i vigneti della sottozona Sassella con degli impianti molto giovani che si sommano alle altre vigne di proprietà o in gestione divisi nell’arco delle altre denominazioni Valtellinesi, per un totale di 4,5 ettari. Volumi molto contenuti, per una produzione di qualità.

Abbiamo potuto respirare l’atmosfera vivace della cantina a vendemmia appena conclusa, con gli strumenti di lavoro appena puliti e riposti, se non ancora in uso, e le vasche ed i fermentatori pieni del futuro vino. In foto vedete dei recipienti in anfora, dove si conducono fermentazioni “sperimentali” per nuovi assemblaggi del vino Castelasch, ed oltre a botti e barriques vedete i piccoli fermentini troncoconici in legno dove si trovano i mosti che andranno a costituire le varie partite per gli assemblaggi dei rossi dell’azienda. La minuziosa parcellizzazione delle operazioni di vendemmia e vinificazione è una peculiarità della loro produzione, per rispettare e valorizzare al massimo le uve raccolte e le loro naturali differenze chimico-fisiche.

La Spia è una piccola cantina giovane e dinamica, che fa dell’innovazione e ricerca un suo punto di forza per completare le tecniche di vinificazioni tradizionali con una visione moderna sì, ma ragionata e rispettosa, che in effetti abbiamo sempre pienamente ritrovato nel quadro aromatico, nella limpidezza gustativa e nell’equilibrio dei loro vini.

Vendemmia 2022

Ed ora, parliamo un po’ di vendemmia.

Per avere un quadro abbastanza completo della situazione a vendemmia avanzata ogni anno ci rifacciamo al report di Assoenologi – ISMEA – U.I.V. che con sforzo congiunto ed incrociando una gran quantità di dati riescono a stilare un rapporto numericamente e analiticamente interessante e preciso.

A metà settembre esce la stima previsionale già ben affidabile ed a fine ottobre, a vendemmia conclusa, escono i dati definitivi.

A noi piace sempre fare un resoconto sintetico ad uso dei nostri clienti, chi volesse consultare i dati in maniera completa può andare su Assoenologi.it e troverà tutti i rapporti consultabili.

Qualcuno dirà: ma se lavori con chi fa il vino, perchè cerchi dati online?

Ovviamente abbiamo raccolto anche le impressioni dei nostri fornitori, che infatti inseriremo poi, ma non bisogna intendere “La Vendemmia” come un atto a sé stante, condotto in blocco a livello nazionale, ma la parte culminante di un lavoro che vede il suo corso svolgersi nell’arco di un anno e soggetto a molteplici varianti anche nella stessa regione, denominazione, comune, vigna e varietà di uva.

Quindi anche se vogliamo parlare di aree più dettagliate abbiamo bisogno di farci un’impressione generale e ben corroborata da dati, più ampia prima, e zoomare poi dove ci interessa per poter confrontare e valutare le informazioni.

In sostanza, non è detto che se ad un nostro fornitore sia andato bene l’anno di lavoro, lo stesso valga per il suo vicino o per la cantina che sta a venti chilometri, e viceversa!

Quindi facendo un quadro generale prima e limitandoci poi alle zone di provenienza dei nostri vini sfusi ed inserendo le informazioni specifiche dei nostri fornitori, vediamo un po’ qual è lo stato delle cose ad oggi che scriviamo, 24 settembre.

Abbiamo vissuto tutti sulla nostra pelle un anno tremendamente siccitoso ed estremamente caldo, che ormai non si può più ascrivere come eccezionalità ma purtroppo è parte di una tendenza con precise cause, annunciata da anni, di cui solo ora stiamo vivendo i primi effetti importanti. Parafrasando una scienziata, dal web: “il cambiamento climatico non è Babbo Natale, in cui puoi credere o meno, sono dati scientifici”!

Estrapolando alcuni numeri dal rapporto abbiamo “un -46% di precipitazione cumulata da inizio anno a fine luglio per l’Italia rispetto agli accumuli medi sugli ultimi 30 anni. Per il momento il 2022 resta l’anno più siccitoso dal 1800 ad oggi”.

Anche le elevate temperature sono state fonte di molte preoccupazioni, tanto che “i primi sette mesi dell’anno proiettavano il 2022 come l’anno più caldo di sempre nel nostro Paese, solo le piogge di agosto hanno fatto rientrare le temperature nella norma e hanno riportato i livelli idrici ad una soglia meno critica.”

Si può dire che se fino a maggio la carenza idrica e le temperature talvolta sopra la media si sono rivelate anche benefiche per l’aspetto sanitario, lo sviluppo e la fioritura delle viti giocoforza senza danni da maltempo, l’improvviso e perdurante innalzarsi delle temperature da maggio in poi senza precipitazioni ha provocato stress idrico nelle piante obbligando dove possibile (e concesso) ad interventi di irrigazione di soccorso e creando danni agli impianti più giovani, fino a procurarne l’essiccamento.

Situazioni così eccezionali è ovvio, anche senza scendere in dettagli tecnici, provocano mutamenti e problematiche nel ciclo fisiologico della vite, di cui altri dati trovate nel report.

Provvidenziali sono state le pioggie arrivate ad Agosto, senza le quali saremmo qui a parlare di un’annata disperata, invece è riuscita ad evolvere in una situazione con livelli qualitativi generalmente buoni ed ottimi che raggiungeranno anche punte di eccellenza, ovviamente con le varie diversificazioni.

Purtroppo però ormai abbiamo preso atto che anche gli eventi atmosferici hanno caratteri estremi, ed in alcune zone viticole d’Italia si è pagato il prezzo di grandinate e dissesti geologici, tra i quali in primis l’Oltrepò Pavese.

I numeri che riguardano i volumi di produzione variano da zona a zona e sono ancora in definizione, in attesa che il grosso del lavoro sopratutto al nord sia portato a termine.

In via generale, si può affermare che una nota positiva di questa annata caratterizzata da clima estremo è senz’altro il buono stato sanitario delle uve, che si traduce, in teoria, in meno interventi sia in vigna che in cantina.

Veniamo ora alle zone che ci riguardano:

Piemonte: regione che ha sofferto come altre la prolungata siccità, in recupero da agosto con prospettive di ottima qualità dato anche il fatto che le uve a bacca rossa principali (Barbera e Nebbiolo) sono in raccolta tardiva, dalla metà\fine di settembre ai primi di Ottobre in poi. Uva generalmente molto sana e bella, ma con un calo quantitativo del 10% circa come ci confermano anche i nostri fornitori.

Lombardia: è una regione molto difforme dal punto di vista viticolo: basti pensare alle differenze climatiche e geologiche tra Valtellina, Garda, Bergamasca e Oltrepò, oltre alla gran varietà di uve coltivate.

Anche qui enorme carenza idrica e temperature mai viste (personalmente ho visto impianti giovani completamenti essicati in Franciacorta) ma in Oltrepò Pavese e nello specifico che a noi riguarda la zona di Santa Maria della Versa, un’ondata anomala e violenta di maltempo si è abbattuta gli ultimi giorni di luglio con inondazioni, tempestate e grandinate, che hanno rovinato irrimediabilmente le coltivazioni e provocato danni a strutture e attività. Il nostro fornitore ha avuto, oltre alle uve danneggiate da tempesta e grandine, anche danni da fango in campagna ed cantina, nonostante la manutenzione di campi e canali condotta a regola d’arte, raccontandoci come in 60 anni non abbia mai visto così tanta acqua in una notte. In Oltrepò la produzione persa è circa del 20% in meno. Le uve non compromesse hanno seguito poi il trend favorevole da Agosto, con prospettive di qualità buona.

In Bergamasca il nostro fornitore ci confermava invece ottime aspettative, avendo recuperato bene dopo la fase di sofferenza iniziale grazie anche al fatto di produrre da varietà più tardive come Cabernet e Merlot ed impianti con una buona età media, ben acclimatati, che hanno retto le difficoltà e dato uva sana e bella.

Veneto: i problemi di siccità hanno avuto più impatto, anche in termini di quantità, sicuramente nelle aree più elevate e di alta collina e laddove non è concessa irrigazione, invece nelle zone di media collina e nelle pianure produttive gli interventi di irrigazione concessi hanno dato modo di ottenere uve ricche e nella norma, limitando al minimo i danni. Le uve bianche perdono un po’ in acidità, guadagnando in tenore zuccherino.

Personalmente, in Valdobbiadene a fine agosto, parlando con i produttori si dichiaravano soddisfatti ed alleviati dalle piogge imminenti. I nostri fornitori della provincia di Treviso non lamentano cali di produzione e sostengono di avere ottime prospettive di qualità dei vini.

Toscana: regione non esente dalle problematiche climatiche ma abituata a climi più asciutti, vede nonostante tutto un incremento di produzione generalizzato intorno al 10% con una qualità e concentrazione delle uve che promettono risultati di eccellenza, specialmente per il Sangiovese che è poi alla base dei grandi rossi di Toscana, e la cui vendemmia medio tardiva ha dato modo di uscire dal quadro generale con grandi aspettative. Anche il nostro fornitore nella provincia di Arezzo era sollevato dalle preoccupazioni iniziali ed entusiasta per l’uva che fin’ora aveva portato in cantina, bianchi e varietà minori precoci. Ad oggi non abbiamo notizie di problemi sopravvenuti, quindi ci riteniamo soddisfatti.

Una buona nota aggiuntiva viene dal Trentino e Alto Adige, di cui anche se non abbiamo vini sfusi in vendita siamo affezionati estimatori, la cui produzione ha ben recuperato in quantità rispetto alla scorsa annata e sopratutto la qualità si prospetta eccellente!

Anche per quest’anno si può dire di avere portato a casa il lavoro, ma è innegabile che la buona vecchia routine della stagionalità sia da rivedere e gestire in maniera urgente e differente, cosa che per fortuna chi lavora con la terra sta già affrontando da un po’ con serietà, supporto tecnico e scientifico variando ed adeguando i propri approcci e metodi, e di cui noi consumatori, mi ci metto anche io, dobbiamo assolutamente prendere atto quando facciamo le nostre scelte e richieste ad un mercato in palese cambiamento.

Altra grande problematica di questo anno sono i costi di produzione, imballaggio e trasporto che per via di motivi a tutti noti, se da una parte penalizzeranno chi lavora con grossi volumi, bassa qualità e pochi margini, dall’altra inevitabilmente motiveranno ad un lavoro più attento chi fa scelte improntate alla qualità, che vengono apprezzate sia dai mercati esteri che dal mercato interno dove i consumi pro capite sono sì in calo, ma la disponibilità a spendere qualcosa di più per un prodotto di valore, anche se consumato in meno occasioni, è sempre maggiore.

Al proposito, anche il mercato dei vini sfusi al dettaglio potrà trarne giovamento offrendo ai clienti un prodotto di qualità sempre maggiore dove i costi aggiuntivi (imballo, trasporto etc) sono ridotti al minimo se non azzerati, l’impatto ambientale è molto basso e la qualità dell’offerta sempre in crescita, riuscendo ad attrarre anche le persone che hanno sempre guardato al vino sfuso come un prodotto di seconda scelta.

Il cambiamento climatico impone sempre di più un attento monitoraggio da parte dei vignaioli e degli enologi, con particolare attenzione alla custodia e alla sostenibilità ambientale, elementi ormai necessari per un adeguato riconoscimento da parte dei consumatori. A questo si affianca anche il grande entusiasmo con cui ogni anno si affronta questo periodo ai fini della migliore valorizzazione dei futuri vini, ormai primi ambasciatori dei nostri territori.”

immagini in senso orario: alluvione oltrepò immagine rivista.wein.plus

giovani impianti in Valtellina con danni da siccità. immagine sondriotoday

effetto stress idrico immagine terraevita.edagricole.it

fonte informazioni Assoenologi/Ismea/U.I.V.

tutti i diritti riservati degli autori.

Valdobbiadene e il Prosecco di Torre Zecchei

Questa estate durante le vacanze ci siamo regalati qualche giorno di piacere tra i magnifici paesaggi della Valdobbiadene, patrimonio mondiale Unesco. Racchiusa tra Valdobbiadene, Conegliano e Vittorio Veneto quest’area vinicola è la culla storica della produzione di Prosecco a DOCG, qui etichettato appunto come Conegliano Valdobbiadene Superiore DOCG o Valdobbiadene Superiore DOCG, e sovente senza nemmeno più il nome Prosecco in etichetta. Scelta, questa, dovuta all’inflazionamento del vino Prosecco sui mercati, dopo il contestato ampliamento della zona di produzione a DOC avvenuta anni fa che ha visto salire sul carro vincente anche produzioni industriali o prettamente commerciali, dalle mastodontiche rese per ettaro, in terreni di pianura spesso geologicamente al limite della sufficienza per la viticoltura, o prodotti creati senza nessuna cura e passione, ma solo per soddisfare i numeri di un mercato in costante crescita.

Questa premessa è dovuta perchè la differenza tra bere un Valdobbiadene – Conegliano Prosecco Superiore o un Prosecco DOC è netta e da comprendere bene. Nulla togliendo ad un buon Prosecco Treviso DOC ben fatto (e che comunque non possiamo trovare sempre in offerta a pochi spicci), la produzione di uve Glera, da cui si ottiene tutto il Prosecco, è storicamente radicata in Valdobbiadene e soggetta ad un disciplinare a sè, appositamente dedicato.

Le splendide colline di origine glaciale, alluvionale e marina, che siano dolci o più irte a seconda della zona ma sempre caratterizzate da distinte caratteristiche chimico – fisiche e ottimale permeabilità, insieme al perfetto equilibrio climatico dato dalla vicinanza delle montagne e della loro benefica escursione termica, creano la condizione ideale per la coltivazione di uve dal ricco e unico profilo aromatico e gustativo.

La lavorazione delle viti e la raccolta delle uve avvengono (da disciplinare) rigorosamente a mano, con il necessario dispendio di tempo e fatiche immaginabili rispetto ad un vigneto meccanizzato di pianura, è vietato il diserbo chimico e le rese per ettaro sono ben ridotte, ovviamente, rispetto ad un Prosecco prodotto fuori dall’area a DOCG. Come ulteriore valorizzazione sono state create 43 menzioni geografiche aggiuntive, denominate “Rive di..” in etichetta, che caratterizzano vini prodotti in sottozone ristrette, dette rive appunto, generalmente caratterizzate da forte pendenza e con caratteristiche geologiche ben distinte, che danno uve di ulteriore qualità e vini dai tratti caratteristici.

Tornando al nostro viaggio, inizialmente abbiamo avuto il piacere di essere ospiti presso la Cantina e Agriturismo La Casa Vecchia a Santo Stefano. Qui, passeggiando piacevolmente tra le vigne del cru di Cartizze sino a raggiungere la sommità delle colline antistanti, abbiamo potuto verificare con le nostre gambe la difficoltà e pendenza che deve affrontare un vignaiolo che lavori manualmente le uve in queste zone.

A proposito della denominazione Cartizze, mi sono tolto finalmente la curiosità di scoprire a fondo, sul posto, le peculiarità di questa rinomata produzione. Si tratta di una zona di soli 108 ettari, che dal colle dove si trova la famosa Osteria senz’oste (che ad oggi purtroppo ho trovato un pò snaturata nella sua originaria essenza, ridotta ad attrazione turistica… ma tant’è) rientra tutta in una fotografia.

Le vigne di Cartizze sono esposte tutte a sud e godono della ventilazione ed escursione termica importante data dalla montagna sovrastante: sono dei cloni vecchi e con la caratteristica di produrre uva Glera con grappoli spargoli (dai chicchi radi, vedi in foto) con un concentrato tenore zuccherino e grande intensità aromatica. Proprio il fatto di produrre grappoli spargoli e dolci rendeva tempi addietro l’uva di questa zona adatta ad essere appassita, scongiurando ammuffimenti indesiderati, per fare il prezioso vino dolce delle feste. Operazione che si faceva sulle “graticce”, da cui la storpiatura linguistica dialettale “gardizze” fino a “cartizze”. Il cru di Cartizze è diviso in tantissime parcelle tutte di proprietà di viticoltori, ed il valore dei terreni raggiunge cifre altissime, arrivando anche a due milioni di euro per ettaro.

Concludiamo la nostra passeggiata con una gaudente degustazione dei vini della cantina La Casa Vecchia sul loro portico che affaccia direttamente sui vigneti di Cartizze, con un tramonto dopo la pioggia da riempire gli occhi ed il cuore. Io personalmente invito i miei clienti ad approcciarsi alla tipologia di prosecco brut rispetto ad un extra dry, che trovo più equilibrata nel rapporto zuccheri-aromaticità e meno stancante, più gastronomica. Il Cartizze prodotto da loro in versione dry stupisce per il suo quadro aromatico intenso ed esplosivo, con una persistenza lunghissima e gusto sapientemente bilanciato nonostante il residuo zuccherino. Comunque tutti vini di alto livello qualitativo, dove si ritrova il lavoro attento e la passione trasmessa anche dal titolare durante una bella chiacchierata.

I giorni seguenti ci siamo concessi un piacevole girovagare lungo la strada del vino ed i paesi di Asolo e Bassano del Grappa, tra scorci spettacolari, borghi caratteristici e golose soste gastronomiche, trovando sempre una accoglienza professionale e preparata, aspettando l’appuntamento presso la Tenuta Torre Zecchei a Valdobbiadene, nostri nuovi fornitori da quest’anno.

Qui veniamo accolti da Tiziano ed Elisa, che subito ci mettono a nostro agio con affabilità e cortesia, nonostante il periodo sia già di preparazione per l’imminente vendemmia, e ci dedicano il loro tempo con piacere. L’azienda è dedita quasi esclusivamente alla produzione di spumanti, con uve da vigneti di proprietà collocati nel territorio della DOCG Conegliano Valdobbiadene, con cui viene prodotto anche il Prosecco Treviso DOC da uve sempre vendemmiate manualmente! Gli spazi di lavoro sono tutti a vista e contigui come è usuale in una cantina di piccole dimensioni, ordinati e puliti come buona prassi per chi lavora con criterio. Le vasche di fermentazione e stoccaggio brillano in fila affacciate alle autoclavi dove il Prosecco farà la seconda rifermentazione a temperatura controllata: le dimensioni sono contenute e si vede subito che l’obiettivo è una produzione mirata, di qualità. Tutto è pronto per accogliere l’uva che arriverà, quindi con Tiziano conveniamo che è il momento di aprire un paio di bottiglie e metterci comodi.

Mentre degustiamo il loro Valdobbiadene Brut, a mente fresca di altri assaggi fatti nei giorni seguenti, mi convinco sempre più della validità dell’azienda selezionata! Gli aromi sono ampi e intensi, acidità e frutto ben dosati, la sapidità e territorialità caratterizzante spicca netta.

Passiamo poi ad assaggiare il Bonorivo, extra brut proveniente dal loro vigneto più vocato sulle Rive di Cozzuolo, e approfondiamo la conoscenza dei loro metodi di coltivazione. Scopro così che l’azienda punta molto sulla salubrità delle uve, arricchendo i terreni con preparati biologici che rafforzano le viti e le aiutano a contrastare eventuali criticità batteriche e danni da parassiti (principio di dominanza) riducendo gli interventi in vigna ed in cantina e rispettando il territorio.

Mentre chiacchieriamo, mi concentro sul vino nel bicchiere, il Bonorivo, “la cui vinificazione e seguente lavorazione avviene senza aggiunta di solfiti. Prodotto esclusivamente dalla selezione di uve di un vigneto che, per la sua naturale posizione geografica in pieno sole fin dal primo mattino, necessità di limitati trattamenti chimici” (dal sito aziendale): un bicchiere che apre a ventaglio, in maniera esemplare, le caratteristiche aromatiche del vitigno Glera, con un sorso da grande bollicina, setoso e sottile, bilanciato nell’acidità e piacevolezza ma capace di reggere abbinamenti ricercati… complimenti davvero!

Ulteriore nota di merito, l’uso di pannelli fotovoltaici per compensare il fabbisogno di energia elettrica dell’azienda ed il progetto in corso d’opera per la creazione di una nuova e moderna struttura ricettiva alle porte di Valdobbiadene, segno di dinamismo e sana crescita imprenditoriale sul territorio.

E’ giunto il momento di salutarci e procedere per la nostra strada ed il resto della nostra vacanza, con il piacere di avere visto di persona, ancora una volta, una concreta e positiva realtà produttiva, e di poter trasmettere qualcosa di più ai miei clienti quando tornerò al lavoro.

Sicuramente la zona di Conegliano e Valdobbiadene ha ancora tanto da raccontare e magari qualche lacuna tecnica nel mio resoconto potrà esserci, ma ero in viaggio con la famiglia per piacere e così è stato, senza troppi tecnicismi ma con il ricordo di aver incontrato belle persone e scoperto un altro pezzo del nostro meraviglioso paese, ricamato e impreziosito dal lavoro dell’uomo.

Venerdì 27 maggio 2022 – Gossip Pinot Grigio Di Lenardo

“Gossip” Pinot Grigio 2021 DOC Friuli 13% vol. – Di Lenardo – Gonars (UD). € 9,90 in enoteca.

L’uva Pinot Grigio, come indica anche il nome, sebbene conosciuta e associata a vini bianchi, ha la buccia di un colore variabile dal rosa\violetto al ramato (vedi foto sotto), comunque ben diversa dalle varietà a bacca bianca, essendo una derivazione del Pinot Nero. Da qui la molteplice collocazione cromatica dei vini che se ne possono ottenere, anche dipendente dal fatto che se i mosti di uve Pinot Grigio hanno tutti la caratteristica di avere colorazione ramata più o meno intensa, per vari fattori tecnici e biologici durante la vinificazione il vino tende naturalmente a schiarirsi, e a seconda della volontà del vinificatore e dei sistemi adottati (con più o meno macerazione delle bucce, lavorazioni a contatto con l’ossigeno o meno, ulteriori chiarifiche) si può preservare il colore ramato o procedere ad avere un vino cosiddetto “bianco” di varie tonalità.

Questa premessa è necessaria proprio perchè, diversamente da quello che il cliente si aspetta parlando di Pinot Grigio, il vino che andiamo ad assaggiare è intenzionalmente vinificato preservando il colore ramato, o buccia di cipolla chiaro che dir si voglia, e lo proponiamo come inserimento estivo insieme ad altri vini bianchi e rosa.

Degustazione: nel bicchiere si presenta appunto con un color oro chiaro ramato, il profumo è pulito, ampio e netto di fragoline, rosa, mandorle, pompelmo rosa e melone. Il gusto è vibrante, con una fresca acidità che si bilancia perfettamente con l’alcool, rendendo la bevuta scorrevole e rinfrescante. Lunga e sapida persistenza. Un vino decisamente conviviale e fine, con una struttura piacevole ma non frivola, tanto da sembrare un vino di mare. Adatto ai piatti di verdure estivi, torte salate, crostacei e pesce di mare anche in preparazioni con sugo o pomodori, formaggi freschi e di capra.

immagini con licenza c.c.

E’ arrivato il Prosecco Torre Zecchei!

 NOVITA’ PROSECCO TORRE ZECCHEI VALDOBBIADENE: sono ufficialmente sugli scaffali le nuove etichette selezionate per Voi della Tenuta Torre Zecchei in Valdobbiadene: Prosecco Treviso DOC extra dry, Valdobbiadene Superiore extra dry millesimato e il Cru Rive di Cozzuolo extra brut.
Nel cuore della terra vocata per natura alla coltivazione delle uve dedicate alla spumantizzazione del vino più amato dal pubblico, la Famiglia Spagnol vive e coltiva i vigneti di proprietà con cura e coscienziosità aderendo al Codice di autoregolamentazione di gestione del Vigneto: un regolamento unitario sull’uso dei fitofarmaci in agricoltura composto da 16 articoli dedicati alla gestione dei fitosanitari e all’esecuzione dei trattamenti nei vigneti. Eseguendo vendemmie manuali e dotandosi di impianto fotovoltaico per la produzione di energia pulita, il loro impegno si traduce in un Vino sano e profondamente territoriale, proposto dalla Botte Piccola con un ottimo rapporto Qualità\Prezzo.