L’evoluzione dei Vini sfusi quotidiani

Uno degli errori più gravi e più comuni in cui oggi incorrono molti consumatori di vino è di credere che un certo vino, riconoscibile al nome e all’etichetta, debba essere sempre uguale a se stesso, e sempre buono se una volta è stato trovato buono: di chiedere, dunque, al commerciante un vino che risponda a requisiti di “continuità”.

L’errore deriva senza dubbio da un inconscio adeguarsi alla produzione industriale di tanti altri beni di consumo. Enorme equivoco: si pensa, scioccamente, al vino nominato e desiderato come a un’entità omogenea, intercambiabile, fissa: come se si trattasse di una data marca di aranciata, di birra, di whisky, o addirittura di automobile o frigorifero.

Mentre il vino, il vino di una data qualità, zona di produzione circoscritta, annata, partita, botte è, in certi casi, misurabile, inanalizzabile se non entro centri limiti, variabile per un’infinità di motivi, effimero, ineffabile, misterioso. Esigere un vino “stabile” è la più grande sciocchezza che un bevitore di vino possa commettere.”

Mario Soldati, Vino al vino, 1981

Lo scriveva chiaro già Mario Soldati quarant’anni fa, e anche io dopo vent’anni di lavoro devo prendere atto che una delle nozioni che più si fatica a far comprendere al pubblico, e mi spiace dirlo, è proprio la percezione del vino come di un prodotto variabile e soggetto a mutamenti di varia origine, come è naturale che sia. Credo di poter affermare che se una persona questa nozione l’ha acquisita e interiorizzata di suo, allora si può discuterne, scambiare informazioni e dare consigli utili cogliendo negli occhi dell’interlocutore una interazione comprensiva, non diffidente ma realmente interessata, altrimenti nel rapporto commerciante – cliente ogni spiegazione post-vendita è vista come un accaparrare scuse, un modo di imbrogliare le carte per nascondere qualcosa. Perchè purtroppo la quasi totalità delle discussioni inerenti al tema di cui sopra avvengono a posteriori (sopratutto se parliamo di vini sfusi dove le variazioni possono essere continue e più evidenti): vuoi perchè un cliente rimane “scontento” di aver trovato un prodotto con delle differenze dall’acquisto precedente o comunque dal quale si era abituato oppure perchè il vino è mutato in qualche modo, successivamente alla vendita. Al di là che tecnicamente queste differenze possano anche essere migliorative.

Questo lo dico sulla base di innumerevoli spiegazioni date nei miei venti anni di lavoro, e vi garantisco che non è incapacità a comunicare, ma proprio l’opposto: diffidenza nel recepire, perchè noi commercianti per natura “imbrogliamo” (quante volte me lo sono sentito dire, come se in questi periodi di crisi nera del commercio il nostro obiettivo quando alziamo la serranda non sia altro che “imbrogliare” quei clienti che non ci ha ancora portato via la grande distribuzione o il commercio on-line… ma tant’è!).

La cosa più amareggiante è che questa renitenza nel comprendere la mutabilità delle cose della natura la si trova in maggioranza proprio nella clientela over 60, che dovrebbe invece avere ancora dei ricordi di gioventù di una vita rurale, in cui gli alimenti che finivano in tavola, vino compreso, erano prodotti direttamente dalla famiglia o in una cerchia molto prossima, alla cui produzione vi si aveva assistito sovente di persona. Quante volte ho sentito parlare di “quando mio padre aveva la vigna, faceva il vino e io l’aiutavo a schiacciare l’uva” ma forse è solo un romantico ricordo d’infanzia, travolto e sradicato dalle nuove dinamiche della produzione alimentare massiva e industriale, che ha invaso il mercato, senza limiti, dagli anni del boom economico ai giorni nostri.

Più soddisfazione e comprensione la si trova invece nelle fasce d’età più giovani: dai 50 in giù, fino arrivare anche ai ventenni, oggi il cibo e la sua condivisione sono cultura ed esperienza, e non più solo necessità (grazie al cielo!) quindi oltre ad una maggior consapevolezza sui sistemi di produzione e sulle dinamiche del cibo e degli alimenti in generale, alla quale segue di conseguenza una ricerca della qualità e salubrità, si evince quello che gli analisti riportano da tempo con grafici e numeri: si beve meno, ma si beve meglio, con curiosità e coscienziosità. Quindi ogni nozione inerente al vino è accolta con piacere e fiducia, e si riesce ad aprire delle discussioni costruttive e di conseguenza ad assistere il cliente in maniera ottimale, come è giusto che sia.

Perchè tornando al punto di questo testo, il vino è un prodotto vivo e soggetto a mutabilità, che sia esso sfuso o in bottiglia. Se nò, non è vino. E venderlo è qualcosa di più che esporlo su uno scaffale ed aspettare che qualcuno lo metta nel carrello…

Geograficamente parlando, inoltre, posso aggiungere che anche esercitare nel cuore della regione più industrializzata d’Italia non aiuta. Nelle zone a vocazione agricola e vinicola parlare di vino e delle sue dinamiche fa parte della quotidianità, sin da piccoli e in ogni momento della giornata. Purtroppo nelle nostre zone le attività predominanti sono decisamente altre e molto del sapere rurale è andato inequivocabilmente perso col tempo.

Al proposito ricordo un aneddoto, i primi anni che lavoravo ero andato in visita in una cantina in Trentino e nell’androne della cantina c’era la zona atta alla vendita al pubblico del vino sfuso. C’erano dei signori del luogo anziani, acquirenti abituali che chiaccheravano, e il responsabile ci ha presentati appunto come gestori di uno spaccio di vendita vini della provincia di Lecco. Parlando del più e del meno, abbiamo detto di come la maggior parte dei nostri clienti acquistasse il vino in dame da 5 lt, chi più chi meno ma periodicamente, se non settimana per settimana al massimo mese per mese. La risposta meravigliata dei signori Trentini la ricordo ancora: “ma non si compra il vino sfuso così, come si fa a berlo subito? Il vino va imbottigliato e lasciato riposare, non si può portare a casa e bere così!”

D’accordo, ma vallo a dire a chi ha la mini-cantina in un palazzo di cinque piani in centro città, o spesso solo il garage esposto alla temperatura esterna, in estate!

In ultimo, la spallata finale l’ha data la onnipresente Grande Distribuzione, dal momento che oltre ai beni di uso casalingo o alimentari confezionati comuni ha avuto la voracità di accaparrarsi anche la vendita totalitaria di prodotti agricoli e alimentari storicamente di settore: pane e prodotti da forno, pesce fresco, formaggi, salumi e verdure “già pronte, affettate, lavate e stirate”.

Dapprima (intendo anni 70\80) rivestendoli della vena di praticità e modernità che il marketing dettava a quei tempi, ed ora invertendo la rotta dando una patina di “nostrano, campagnolo e local” a tutto, sempre come vuole il trend del momento, ma in sostanza annientando i negozi specializzati e di quartiere che avevano però anche la capacità e l’onere, a cui i supermercati si sono sottratti con una intenzionale sterilizzazione dei rapporti umani, di affrontare il faccia a faccia con il cliente: dite la verità, quanti di voi hanno mai pensato di contestare a posteriori in un supermarket un prodotto o di chiedere un pezzo diverso da quello proposto, magari cercandone uno che ci sembri migliore? Vendiamo tutto, prendi dal banco e vai, non cè interlocutore di fiducia. Quando le nostre mamme o nonne sceglievano e contrattavano, e se la merce non era soddisfacente, avevano nel commerciante un referente da cui andare a lamentarsi o al contrario richiedere il medesimo articolo che le aveva soddisfatte, si imparava sempre qualcosa e ci si conosceva per nome e di persona senza dubbio. Questo non esiste più, calcolato a tavolino.

Questo mio ragionamento non sia assolutamente inteso come snob o presuntuoso, sono anche io figlio di persone di estrazione umile e lavoratori, e ricordo bene girare per casa i beni alimentari “moderni” che ci si poteva finalmente permettere: dall’idrolitina alla simmental al tonno in scatola ai gelati confezionati o la pizza catarì quello che oggi è guardato con obbrobrio, ai tempi era sinonimo di ammodernamento e benessere ma piano piano ha aperto la strada allo stravolgimento di sapori e saperi rurali.

D’altro canto, la regola dell’industria alimentare è ben chiara e nota agli addetti ai lavori: il cliente è un consumatore, non c’è tempo e personale a disposizione per lui e sopratutto non c’è intenzione di farlo interagire, è solo businnes, e il cibo, o meglio il prodotto, non deve mai variare in gusto, forma o colore, deve essere sempre uguale, perchè il consumatore non gradisce cambiamenti. E quindi abbiamo un esercito di formaggi e formaggini, biscotti e merendine, pasta, yogurt e budini, insaccati e quant’altro, frutta e verdura compresi, fatti con lo stampino. Ma nessuno che sappia spiegare cosa vende, tra le corsie…

Ecco che il vino, quello degno minimamente di questo nome anche senza arrivare alle punte di eccellenza, per fortuna non ama rispettare questo canone e diventa difficile da gestire in un circolo sterile e ottimizzato a tavolino come quello della grande distribuzione. Insomma, a lavorare col vino (specialmente sfuso) si “perde tempo” con tutte le problematiche che comporta!

Ovviamente tutto questo scrivere non vuole essere solo un esercizio di stile ma nasce dalla necessità personale di non rassegnarmi agli eventi, anche se sarebbe più facile, e perseverare invece come mia abitudine a interagire con i miei clienti, cercando di renderli più consapevoli e a diffondere quel minimo di buona cultura del vino che ho assimilato fino ad oggi.

Provo quindi a riassumere, con l’aiuto di un grafico creato appositamente, cosa succede nel corso dell’anno ad un vino sfuso, in vasca, concepito per la vendita di vendemmia in vendemmia e ad uso quotidiano, basandomi sulla mia esperienza e con un approccio semplice e pratico, senza voler esprimere verità assolute:

  • Generalmente la messa in commercio dei vini della nuova vendemmia avviene tra gennaio e marzo, a seconda della tipologia e delle giacenze di cantina. Di regola, i primi ad arrivare sono i vini bianchi. I vini bianchi giovani si presentano di colore vivo e dalle sfumature verdoline, con profumi intensi e molto fruttati, il gusto è generalmente più amabile ma vivo, si percepisce una maggiore acidità anche se lieve, perchè è negli intenti del vinificatore proporre un vino di pronta beva, e non concepire un prodotto da bottiglia in cui la necessaria e preziosa acidità sarebbe maggiore e certamente sgraziata, da giovane. Nei vini rossi troviamo le classiche sfumature violacee vivide dei vini freschi, i profumi saranno molto fragranti e vinosi, e il gusto sarà facilmente sbilanciato: nei vini più secchi e alcolici si troverà un’acidità maggiore e degli spigoli, nei vini più amabili la nota dolce sarà maggiore e arrotonderà un po’ le imperfezioni di gioventù. E sì, il vino è “diverso da prima”! E’ proprio ora che fioccano lamentele ed osservazioni: teniamo conto che il vostro palato era abituato ad un vino che aveva circa 14\15 mesi d’età e poi di colpo si ha a che fare con un vino di 4 mesi… immaginate la stessa cosa con un formaggio, ad esempio. Nessuno si meraviglierebbe di trovare differenze con 10 mesi di stagionatura in più!

  • Dalla primavera fino a Luglio\Agosto si potranno avere rifermentazioni del vino, e presenza di depositi sul fondo di diversa origine, ma comunque naturale anche se più o meno graditi: se di colore biancastro e velati sono i lieviti e possono starci, se di forma cristallina e solidi (tipo sali) sono i tartrati e possono starci, se violaceo scuro e melmoso nei vini rossi sono di origine fecciosa, e potrebbero indicare vini non sfecciati bene e lavorati grossolanamente, oltre che trasmettere cattivi odori e sapori, se in eccessiva quantità. La rifermentazione (vino che frizza) entro certi limiti è una condizione naturale e piacevole in alcuni vini ma non in altri, per questo le cantine che hanno maggiore cura tendono a svolgere la fermentazione malolattica prima della messa in commercio per la maggior parte dei vini e successivamente a fare microfiltrazioni un po’ più strette nei mesi caldi per i vini tradizionalmente fermi. Inoltre, ed è il motivo per cui personalmente nei mesi estivi non faccio grosse scorte, (altra cosa che crea scontento tra la clientela ma torniamo al discorso grande distribuzione: non si può avere sempre tutto, tutto l’anno!) i livelli di solforosa saranno facilmente più alti proprio in corrispondenza dei picchi di caldo estivi, perchè la microfiltrazione può eliminare impurità e lieviti dal vino, ma dal momento che viene travasato, consegnato e spillato il vino si ossigena e si ri-contaminerà inevitabilmente, e col caldo il processo è molto accelerato. Vini sfusi senza solforosa? Praticamente impossibile, qualsiasi cosa vi dicano. Vini sfusi ben fatti e ben conservati, con poca solforosa, microfiltrati? Possibile, magari vi costano qualche centesimo in più perchè tempo e lavoro vanno remunerati. Ribadisco che è comunque corretto che il vino possa muoversi e fare lievi depositi nel tempo, ma bisogna sempre garantire un prodotto pulito e stabile al momento della vendita, che non abbia già iniziato a rifermentare nelle vasche, altrimenti diventa una scusa per coprire poca igiene e poca cura in negozio o in cantina o peggio vini fecciosi, mal tenuti e consegnati già contaminati e non puliti. Poi se parliamo di Croatina è una cosa, ma un Cabernet che frizza come un lambrusco dopo 15 giorni dall’acquisto non è il massimo… Ovviamente, la “vita” del vino non è solo nelle nostre mani, ma passa dal produttore al venditore ed infine al cliente: ora è compito vostro averne cura quindi igiene e buona conservazione sono le basi. Anche a livello casalingo ogni contenitore ed accessorio che viene a contatto col vino deve essere pulito e immacolato, se non addirittura sterilizzato, imbottigliate anche le piccole quantità con tappi nuovi, di plastica o corona se non volete sorprese, e conservatelo assolutamente al fresco. Ad ogni modo nel passaggio dalla primavera all’estate nei bianchi il colore andrà cambiando, si perderanno le nuances verdoline in favore di un colore più carico, giallo. Il profumo e il gusto virerà e parte del fruttato si stabilirà su note più mature. Nei vini rossi, andando verso il cuore dell’estate, il colore perderà le sfumature violacee e i vini più secchi inizieranno a perdere pian piano spigolosità e anche i profumi fruttati si attenueranno.

  • Dopo il periodo più caldo, da Settembre a fine anno, avremo generalmente dei vini bianchi con un colore più carico e meno vivo, avranno perso la preziosa acidità della gioventù e tenderanno ad “appiattirsi”, cosa del tutto naturale per vini di pronta beva. Si parla in via generica: ci saranno comunque vini che manterranno di natura un po’ più di verve, mentre i vini troppo abboccati saranno penalizzati. Purtroppo i vini bianchi sfusi iniziano a vedere qui il loro punto di arrivo, nella maggior parte dei casi mi sento di dire che non avranno giovamento col passare ulteriore del tempo, quindi non fate grosse scorte a fine anno, aspettate che arrivino i vini nuovi. Una curiosità: a settembre, i vini consegnati in periodo di vendemmia tendono a volte a fare scherzi e rifermentare di nuovo con vigore: questo può essere causato dal fatto che durante la vendemmia i locali delle cantine di produzione si riempiono di lieviti e flora batterica portata dall’uva in conferimento, e per via aerea trasmessi ai vini in giacenza magari durante i travasi e il caricamento dei camion. Ancora l’esperienza mi insegna ad andare piano a riempire il negozio dopo la pausa estiva e sconsigliare imbottigliamenti di grosse quantità, meglio aspettare ottobre-novembre quando il freddo quieta le cose.

  • I vini rossi invece hanno una chance in più, e dopo l’estate la loro strada si divide da quella dei vini bianchi. Il colore si sarà fatto più granato, avranno perso probabilmente i profumi più sottili ma il gusto sarà finalmente ad un buon punto di equilibrio e più pieno, e sicuramente più secco. Il periodo invernale è poi quello ottimale per imbottigliare i rossi più importanti ed alcolici, ormai stabili e posati, che potranno resistere anche fino all’inverno successivo e oltre (ho personalmente imbottigliato più volte vini che hanno tenuto bene3\4 anni, ma si tratta di selezioni particolari, di quelle che noi proponiamo periodicamente, con buona gradazione e che magari hanno fatto anche una maturazione in botte). Invece i rossi di 12-13% potrebbero arrivare alla fine della primavera successiva senza problemi, ma poi con l’arrivo dei primi caldi è probabile che inizino a vedere arrivato anche il loro tempo.

  • In ultimo è sempre bene ricordare che il vino, ovviamente e beneauguratamente, cambia da vendemmia a vendemmia e che i produttori non hanno un rubinetto magico da cui esce sempre lo stesso vino, ma hanno più vasche di diverse dimensioni spesso con vini ottenuti assemblando uve di vari appezzamenti o di conferitori di fiducia esterni, vinificate in tempi e modalità separate e quindi facilmente e naturalmente variabili nel gusto. Questo inteso per le aziende con cui lavoro io, che sono di piccole dimensioni, dai 7 ad un massimo di 60 ettari e gestite tutte a livello familiare, per le quali l’omologazione del vino prodotto non rientra certamente tra gli obiettivi di lavoro. Chi produce vino con criterio, anzi, al contrario vanta e non nasconde di avere partite di vino con caratteristiche diverse. Perchè non dovrebbe essere così, del resto?

Ps il grafico sopra a grandi linee e con le dovute eccezioni può anche riassumere, amplificato negli anni, cosa succede ad un vino in bottiglia: la freschezza e lo sbilanciamento in gioventù, un tempo in cui inizia a maturare e ad evolvere significativamente, un tempo ottimale di maturazione ed un tempo in cui inizia a decadere.

Se siete arrivati fino a qui, forse avete avuto occasione di imparare qualcosa di nuovo, e mi fa piacere. Calcolate che quanto sopra esposto, seppur semplificato, è frutto della mia esperienza nel tempo passato in negozio ed a contatto con diversi produttori di vino: il filo del discorso è giusto anche se sicuramente può esserci qualcosa di errato o correggibile alla presenza di un enologo, ma del resto il mio lavoro di venditore è il tratto di unione tra la complessità del lavoro di cantina e la semplicità del gesto di bere e condividere un bicchiere di vino a tavola, ed altri dettagli più tecnici sarebbero comunque di difficile comprensione o superflui.

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