Sabbioneta Rosso IGP “Quercus” BIO Corte Pagliare Verdieri 2016 – 12 % vol. – prezzo in enoteca € 7,30
Questo Venerdì proviamo insieme a scatola chiusa una bottiglia dalla quale anch’io non so cosa aspettarmi: il Lambrusco Fermo, affinato in botte di Quercia, dell’azienda Agricola Corte Pagliari Verdieri. Se qualche anno fa avrei fatto un paragone possibile con l’Enantio, che conosco, (vitigno Trentino di cui si è sempre sostenuta la affinità varietale con le uve Lambrusco, salvo poi essere recentemente smentita da studi sul dna che lo ricollocano come vitigno non collegato alle varietà Lambrusco) ad oggi invece devo ammetter di non aver mai provato un Lambrusco fermo. L’azienda si può definire un baluardo della ruralità, produce uve e altre messi in regime biologico, e meriterebbe davvero un articolo ben fatto, a sè, ma ad ognuno il suo mestiere; vi lascio qui una loro presentazione (ma in cui troviamo solo i dati del Lambrusco Viadanese Frizzante, che abbiamo provato e acquistato) e vi indico un libro che la sig. Mimma mi ha consigliato, in cui si parla di loro e di altri produttori: http://www.intravino.com/primo-piano/effervescenze-di-massimo-zanichelli-un-libro-onestamente-imprescindibile/
Il vino invece si presenta letteralmente così: “prodotto con uve Lambrusco Salamino della nostra azienda, fermentate con lieviti indigeni. Purificato per travasi. Affinato un anno in tini di rovere …” Siete curiosi come me? a Venerdì allora, per scoprire il resto insieme!
degustazione: nel bicchiere il vino si presenta di un bel colore rosso amaranto, brillante e vivo, di media intensità. L’ho aperto con un buon anticipo, data la natura del vino che vede ridotto veramente al minimo l’intervento dell’uomo in vinificazione, e per esperienza di solito un pò di respiro giova. Infatti al naso risulta franco e pulito, si avvertono sentori intensi di prugna secca e confettura rossa, amarene mature, profumo di rosa e una nota vegetale \ erbacea di fondo, oserei assimilabili più ad un cabernet giovane che al bouquet del lambrusco che conosciamo. Al palato invece si rivela asciutto, fresco, fluido e vellutato, ma con una spiccata acidità! Non tannini acerbi, ma proprio una decisa nota acidula, asprigna di frutta, che ricorda le susine selvatiche o le more non completamente mature. Nessuna acidità volatile, proprio una sana e fresca acidità del frutto… molto curiosa, e che si può rivelare fatale se accompagnata da pane e salame, rischiando di farti finire la bottiglia senza accorgertene. Ad un secondo assaggio, la bocca si è abituata un pò alla nota asprigna e si percepisce meglio la natura fruttata del vitigno. Rimane invece sul finale sempre una sensazione lieve di tannino verde, lo stesso che si percepiva al naso, che se vogliamo potrebbe essere l’unica nuance un pò invadente, a lungo andare. Un vino da bersi a go-go nelle fresche sere d’estate, sicuramente con un suo deciso carattere non certamente omologabile, unico, vivo e sincero. Per la serie dei vini che meno male che resistono, almeno loro!